LA CHIAMAVANO LA SIGNORA MAESTRA
Ora la Chiesa la chiama Serva di Dio
Momenti del processo diocesano di beatificazione di ALBERTINA VIOLI ZIRONDOLI conclusosi il 16 maggio 2007.
Nel 2001 usciva ad opera dell’Editrice Città Nuova un libro dal titolo “Albertina – Una storia che continua”. Era la biografia di una donna di Carpi vissuta dal 1901 al 1972, di professione insegnante, che ha lasciato una profonda impronta nelle migliaia di persone che l’hanno conosciuta. Ed è stata punto di riferimento spirituale e morale, oltre che materiale per molte persone anche al di fuori della sua città.
(Continua da http://amicimaras.com/albertina4) Dopo questo inizio alla Theotokos di Loppiano, momento solenne che resterà impresso in tutti i presenti, si sono succeduti al Tribunale Ecclesiastico di Fiesole molti testimoni di vario ceto, età, etnia venuti da tutto il mondo e si sono moltiplicate le testimonianze che hanno fatto da supporto al processo di beatificazione. Alcune di queste – altrettanti momenti di Dio – sono riportate qui di seguito.
Paolo e Albertina di nuovo insieme
Pia Orempuller in Bampi (Testimonianza raccolta da Alfredo Zirondoli)
Pia Orempuller, conosciuta comunemente come Licia Bampi, è un’anziana signora di Trento di 82 anni, sposata, madre di tre figli con nipoti e nuore che arricchiscono la famiglia e ne fanno un modello al quale molti si orientano. Il cuore della piccola comunità è Licia che con il suo amore e il suo sorriso tiene insieme grandi e piccoli superando le inevita¬bili difficoltà di ciascuno con il suo esempio e il suo disarman¬te ottimismo di cristiana convinta. Ma la famiglia non è tutta qui; c’è Paolo, un ragazzo di 18 anni deceduto trentasette anni fa per leucemia. È lui il vero cuore della famiglia, anche se invisibile, colui che sostiene, anima e fa ponte tra Cielo e terra dando alla mamma la vitalità che tutti le invidiano come e più di quando lui irradiava i suoi talenti di leader nel Movimento Gen suonando la chitarra, componendo canzoni, testimoniando Gesù, ideale della sua vita proposto come ideale di tutti. Una vita piena, quella di Paolo, che la morte ha ancora di più evidenziato, come si osserva quando Licia parla del figlio, qu
Nella foto: la famiglia Bampi dopo il primo ricovero in ospedale di Paolo (al centro, col capo appoggiato al braccio) avvenuto nel 1968.
lunque cosa ella dica di lui. Non è infatti un ricordo né un rac-conto: è una attualizzazione di un vissuto che sgorga con tutta la forza di un presente sempre pieno di vita e sempre nuovo anche quando i fatti sembrano essere gli stessi. Nel racconto di Licia c’è infatti sempre qualcosa di nuovo, un particolare sconosciuto, una sfumatura non prima percepita. Soprattutto è nuova la vita che affonda le radici nell’Assoluto per cui lo sguardo si illumina, la voce si fa chiara, i gesti anima¬no tutto il suo essere. Paolo però, di cui Licia vive e rende testimonianza da quasi quarant’anni, è indissolubilmente legato ad Albertina con la quale qui in terra ha realizzato una fortissima unità. Paolo ed Albertina si erano conosciuti nel 1970 al policlinico di Modena dove lui era ricoverato per un aggravamento della sua leucemia e dove Albertina si recava spesso da Carpi per incon¬trare questo gen che le era stato segnalato come bisognoso di compagnia, anche se sua madre non lo lasciava mai. Ma un giorno che Licia fu costretta ad assentarsi, trovò, al suo ritorno, uno spettacolo mai visto: «Due persone piene di gioia
– sono parole sue – che non si sarebbe capito che età avevano, se diciotto anni come lui o sessantanove come lei». Licia non ha mai dimenticato questa unità di cui è stata testimo¬ne fino alla morte di suo figlio. Ricorda – ma non è un ricordo, è una vita che si rende presente – tanti momenti pieni di gioia, di entusiasmo giovanile e di sofferenze continuamente trasfor¬mate in amore e generosamente offerte a Chiara Lubich per il Movimento Gen – come lei gli aveva consigliato – o per perso¬ne in ospedale o altrove, che gli chiedevano aiuto. Momenti che Albertina capiva e condivideva pienamente anche se pochi ne coglievano il senso profondo. C’erano però altri momenti più semplici che tutti capivano, come la festa per le spumiglie (spumini si chiamavano): un
insieme di chiara d’uovo e zucchero cotti al forno di cui Paolo era ghiotto e che lo facevano bere molta acqua evitandogli così le fleboclisi ormai difficili a causa delle vene trombosate dalle tante trasfusioni. «Le spumiglie non erano una gran cosa ma l’unità che esse espri¬mevano era paradiso – dice Licia – al punto che quando giunse per Paolo l’ora di partire da questa terra per una ennesima emor¬ragia, che non si riuscì a fermare, lui che ne era cosciente, disse: “Qui ci vorrebbe Albertina con i suoi spumini”». La partenza di Paolo fu un grande dolore soprattutto per Licia che, dopo un primo momento, non riuscì più a piangere, e si chiuse in un mutismo assoluto col rischio di compromettere il suo equilibrio psichico. Dopo alcuni mesi “partì” anche Albertina e allora dagli occhi di Licia sgorgò un pianto abbon¬dante, liberatorio e risanante: «Un pianto di gioia – afferma Licia – al pensarli di nuovo insieme. E se ora sono sana, lo devo a questo». Sono passati trentasette anni e Licia è sempre attiva, piena di energie e in continuo movimento. E se qualcuno si meraviglia di questo, Licia dice che Paolo ed Albertina le trasmettono la forza necessaria e soprattutto il paradiso che essi stanno vivendo.
Al camposanto da Albertina
Jean Paul Teyssier – Scrittore. Centre de rencontre, Montet Broye – CH.
Non vengo da te
perché voglio
vengo da te
Come una mamma…
con i pesi degli altri
con i pesi miei
come l’altra Mamma
come Maria
col cuore di carne
E sembra
che tu mi dica
“anche tu devi essere questo cuore”
Conclusione del processo diocesano di beatificazione di Albertina
Cattedrale di Fiesole – 16 maggio 2007
Il 16 maggio 2007 si è conclusa la fase dio-cesana del processo che ha raccolto nel Tribunale Ecclesiastico le persone venute a
testimoniare. Sono stati esaminati anche gli articoli di giornali e le manifesta¬zioni pubbliche che hanno parlato di Albertina. Tutto questo materiale, dopo essere passato all’esame dei mem¬bri del Tribunale, è stato raccolto in tre contenitori che alla fine della cerimonia saranno sigillati. Presiedeva il vescovo Mons. Luciano Giovannetti ed era pre-sente il Tribunale Ecclesiastico al suo completo e l’avv. dott. Federico Di Salvo. Da Carpi era venuto un numeroso gruppo di persone accompagnate da don Carlo Malavasi; e molti erano giunti da Roma, da La Spezia, da Rimini, da Verona e da Loppiano. C’erano alcuni del Gen Rosso e del Gen Verde e la Cattedrale era piena.
Chiara Lubich, impossibilitata ad essere presente, ha inviato la seguente lettera:
… So che siete riuniti nel Duomo di Fiesole per la conclusio-ne del processo diocesano per la beatificazione della nostra amatissima Albertina Violi Zirondoli.
Sono spiritualmente con voi nella gioia e nel ringraziamento a Dio che ha voluto donare a noi, alla Chiesa e alla società questa autentica testimone del Vangelo. Albertina con la sua vita tutta donata a trasmettere i valori cristiani, particolarmente alle nuove generazioni, ci lascia un luminoso esempio, segno di speranza per un mondo assetato di verità, di giustizia e di amore. Nella certezza che Albertina sempre viva fra noi continuerà ad attirare tanti verso la santità, rimaniamo uniti nel Risorto.
Anche il vescovo di Carpi, lui pure ricoverato in ospedale, ha inviato una lettera con la quale assicurava la sua partecipazione spirituale e ricordava «la scia di profonda e intensa formazione lasciata da Albertina nei suoi alunni e in chi l’ha incontrata” e la sua capacità di “trasformare il dolore in amore», quell’amore che poi riversava su quanti venivano in contatto con lei.
Ha poi parlato Mons. Giovannetti che ha edificato tanti per la profonda conoscenza di Albertina rivelata attraverso la sua testimonianza:
Carissimi fratelli e sorelle, abbiamo nel nostro cuore una grande letizia perché questo è un momento importante per tutti noi, importante perché dinnanzi al nostro sguardo balza la figura di questa donna laica, madre di famiglia, appartenente al Movimento dei Focolari. Noi conosciamo la sua biografia, portiamo i tratti della sua persona nel nostro cuore e vogliamo attingere da lei il magistero che è proprio delle creature che hanno donato la vita al Signore. Queste creature, infatti, continuano ad essere vive in mezzo a noi, continuano a parlarci con gli insegnamenti della loro vita. II primo insegnamento che ci è offerto dalla vita di Albertina è il suo amore a Gesù Cristo, il Crocifisso – Risorto sempre vivente. Non si può capire il senso della sua esistenza senza questo amore appassionato verso il Signore Gesù. Dall’amore verso Gesù sgorga, quindi, tutta la sua testimonianza di vita. Come dice il Signore Gesù nel vangelo di Giovanni: «Chi ha sete venga a Me e beva, e da lui scaturiranno fiumi d’acqua viva». Albertina ha attinto abbondantemente alle sorgenti della salvezza e quest’acqua è stata da lei riversata sulle persone che ha incontrato sul suo cammino, a cominciare dalla sua famiglia dove l’incontro con Gesù e Gesù Crocifisso nella quotidianità ha portato tanti frutti. La famiglia – come insegna il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo – è Chiesa domestica. Quando facciamo questa affermazione, noi inseriamo il nostro discorso nel mistero della Pasqua. La famiglia è Chiesa domestica, in quanto è fonte di pace e di letizia purificata dal mistero della croce. Perché sempre la grazia divina passa attraverso la croce. E per Albertina, la vita coniugale ha richiesto un forte prezzo, che ella ha vissuto unita a Gesù Abbandonato. Per questo la sua vita ha portato tanti frutti che si sono manifestati nel cammino di fede del marito e nella scelta dell’unico figlio di diventare sacerdote. Sposa e madre di famiglia ha vissuto poi la sua maternità nell’educazione dei ragazzi e dei giovani. Era una maestra che non dava delle nozioni e basta, ma una maestra che trasfondeva il meglio di se stessa attraverso il senso vivo e profondo dell’educazione. Sono tantissime le testimonianze di persone che, grazie alla sua capacità di trasmettere valori, hanno trovato conforto e sostegno per la propria vita! In questo impegno educativo ha espresso la sua maternità perché sempre l’opera della maternità viene portata a compi¬mento mediante l’impegno educativo. Vengono alla nostra mente le parole del Libro Santo: «Coloro che vivono nella Sapienza e nella Giustizia splenderanno come stelle nel cielo». Questa sua missione di sposa, di madre, di educatrice, ha poi trovato il suo completamento e il suo sostegno nel Movimento dei Focolari. In questo incontro Albertina ha sentito che il suo cuore si infiammava ancora di più nell’amore verso Dio e verso i fratelli. Pensiamo al suo incontro con Chiara, pensiamo al suo incontro con Loppiano. Come ha amato Loppiano e si è sentita vicina a Loppiano! Io sono molto lieto che, guardando alla Mariapoli di Loppiano, ci siano due cause di canonizzazione che allietano veramente il nostro cuore e sono un punto di riferimento affinché in ciascuno di noi ci sia il desiderio forte e ardente della santità. Albertina ha amato intensamente la Madonna e non poteva non essere così. Ora noi chiediamo a Maria, Regina di tutti i Santi, che ci conceda il dono di vedere questa nostra carissima sorella Albertina risplendere nella Chiesa come un segno luminoso della presenza del Cristo Crocifisso e Risorto. Così potremo gustare la preghiera che reciteremo oggi nella Liturgia a conclusione dell’“Ora media”: «Esaudisci i nostri desideri o Signore. Come ora celebriamo il mistero della Risurrezione di tuo figlio, così possiamo rallegrarci della Assemblea dei Santi quando Egli verrà nella gloria». Il nostro sguardo sia sempre rivolto verso questa assemblea Celeste, là dove regna
Maria insieme a tutti i Santi, là dove speriamo di poter annoverare in questo splendido catalogo anche Albertina. Per questo noi intensamente preghiamo, affinché il Risorto manifesti la sua gloria in questa nostra sorella.
È seguita poi l’imposizione dei sigilli di ceralacca sui tre contenitori, uno dei quali resterà nell’archivio della Curia di Fiesole, e gli altri due saranno portati in Vaticano alla Congre-gazione per le Cause dei Santi. Là i documenti saranno esami-nati da vari Delegati della S. Sede per ulteriori verifiche in vista della beatificazione. È stato anche scelto un “portatore” che ha giurato di vigilare sull’integrità dei contenitori fino al loro arrivo a destinazione. La cerimonia si è quindi conclusa con i canti di alcuni membri del Gen Rosso e del Gen Verde che hanno contribuito ad aumentare ancora il clima di solennità e di gioia presente nella Cattedrale. Una gioia che traspariva dai volti e dagli occhi di tanti, segno di quanto amore sincero ci fosse per Albertina e per la Chiesa che l’ha avviata al riconoscimento della sua santità. Il giorno 6 giugno un piccolo pulmann col “portatore”, i due contenitori sigillati e alcune persone che facevano da scorta sono partiti dalla piazza antistante la Curia vescovile di Fiesole diretti a Roma alla Congregazione per le Cause dei Santi.
Non era un viaggio come tanti, anche se all’esterno appariva tale. L’atmosfera che si respirava all’interno dell’automezzo era infatti sacra. Quei contenitori racchiudevano il frutto di un lavoro durato anni e di un amore sofferto e gioioso di tante persone che si era condensato in quei documenti. E le preghiere che si alternavano a momenti di silenzio e di meditazione facevano di quel viaggio una sorta di processione che dava lode a Dio e gioia ai presenti. Era un altro “momento” della vita di Albertina, un’altra tappa di “Una storia che continua”. E forse non sarà l’ultima.