Articolo tratto da Don Carlo Malavasi, Vicario Episcopale, su Notizie, settimanale della diocesi di Carpi, che ringrazio di cuore.
L’ultimo incontro con don Alfredo Zirondoli
Carpigiano, medico, focolarino e sacerdote che ha vissuto per gli altri la passione per l’unità. L’ultimo mio incontro con don Alfredo Zirondoli risale a giovedì 11 dicembre 2008. Mi sono recato a Firenze nella abitazione che un amico gli aveva messo a disposizione per essere vicino ai medici che lo curavano. Don Alfredo è a letto, debolissimo, perfettamente lucido. Mi accoglie nella stanza con quel suo sorriso che ti fa sentire l’unica persona importante per lui. I suoi occhi luminosissimi permettono da subito di leggere la bellezza della sua anima: è ricevere una carezza da tutte le fibre del suo cuore e da tutti i pensieri della sua mente. Non io ero lì per lui, ma lui per me.
Un’emozione indicibile con le parole
Questa emozione l’ho provata tante volte ed è indicibile con le parole. Il mio saluto è ben più modesto del suo, impari. Mi chino per un abbraccio sul letto, ma già io sono stato abbracciato da lui, avvolto dalla sua premurosa cordialità. Sono giorni che non riesce più a celebrare la Messa; è logico prestarmi, viverla insieme. In una sua valigetta c’è tutto l’occorrente: pane e vino, messale e lini. Mancano gli abiti liturgici, ma c è un abito diverso, evangelico, che genera la giusta atmosfera per vivere il sacrificio del Signore: una sintonia di cuori, il comandamento dell’amore reciproco vissuto fra noi e con i due focolarini, che lo assistono con un armonia di gesti e d intenti che commuove. Maras (don Alfredo ha ricevuto questo nome da Chiara Lubich, la fondatrice del movimento dei focolari, al quale egli ha aderito fin dal 1949; nome che ricorda la sua origine carpigiana, avendo Carpi come patrona Maria Assunta) risponde alle preghiere. In realtà il suo raccoglimento ci fa uscire dalla stanza e ci porta dove lui è: in Dio, nella sua unione con Dio che tanti, io pure, abbiamo sempre constatato nel suo parlare, nel suo agire, nel suo vivere. La Messa è conclusa, occorre lasciarlo riposare. Nella stanza dopo mezz’ora ci racconta di questo suo lungo ringraziamento al Signore: avrà ringraziato per la sua mamma, della quale è aperto il processo di beatificazione? Per il suo papà, che è sempre stato la croce di Albertina e del figlio, fino a quando dopo la morte della moglie finalmente ha aperto gli occhi sull’amore di Dio convertendosi? Avrà ringraziato del suo incontro con l’Ideale di Chiara per diffondere il quale ha lasciato una brillante carriera di medico anestesista? Avrà ringraziato di questo mio piccolo viaggio? Avrà riconsegnato la sua esistenza a Dio Amore, sentendone imminente la sua conclusione terrena?
E’ felice, vivissimo in quel letto
E’ felice, vivissimo in quel letto che avrebbe dovuto parlare solo di dolore. Mi rivolge un grazie che è solenne come la liturgia della notte di Pasqua con la quale si entra nel mistero della resurrezione di Gesù, o come il giorno pieno di sole di ferragosto quando migliaia di carpigiani si riuniscono per venerare nella gioia l’Assunta loro protettrice. Con pacatezza, con fervore quanto lo consentono le sue forze, si parla insieme dell’associazione Albertina Violi Zirondoli che ha promosso iniziative per far conoscere la sua mamma ed anche la causa di beatificazione. Ambedue siamo coscienti che è il momento delle consegne: gli sta a cuore che la salma della mamma sua prima maestra di vita, possa un giorno essere collocata nel santuario mariano della cittadella di Loppiano; che nella stessa località dove egli ha formato per 15 anni generazioni di consacrati ci sia un centro in grado di dare informazioni sulla vita di Albertina, sul suo amore a Loppiano, sulle sue virtù eroiche. Suggerisce d esser vicino al giovane postulatore che sta seguendo presso la Congregazione dei santi la causa canonica di Albertina. Chiede che tutto si svolga nella piena unità.
La sua passione
Unità è la parola la realtà che ha dato forma alla sua vita, la sua passione per la quale ha offerto ogni dolore fisico e morale (e sono stati tanti). Unità: per costruirla sempre e dovunque ha assunto come modello esemplare Maria, vivendo nell’amore all’altro e tutto dimentico di sé; ed ha offerto ogni prova quante prove! – a Gesù crocifisso ed abbandonato che sulla croce ha gridato anche per noi, per tutto quanto ci divide da Dio. Perché l’unità potesse ogni volta ricomporsi. Le poche ore a disposizione finiscono in fretta. Lo stare insieme mi ha fatto sperimentare qualcosa che va ben oltre una comune esperienza umana: fra noi è presente Gesù. Esco da quella casa più che lieto. L’ultimo gesto d’amore (Maras era allenato ad amare) – è suo: dice di darmi un dolce per il viaggio di ritorno. Mi ha amato oltre sé. In un’umanità esausta per la malattia ho visto il trionfo di un anima che, bellissima, vive in Dio.
Cenni biografici – L’influenza di Albertina
L’influenza di Albertina fu davvero grande nella formazione di don Alfredo, che attraverso lei può sperimentare l’amore di Dio fin dalla sua prima infanzia. Dotato di intelligenza fervida, pur nelle difficoltà della guerra, completò gli studi laureandosi alla Bocconi di Milano a soli 23 anni e divenendo il medico più giovane d Italia. Alla mensa del cardinale Ferrari di Milano conobbe Ginetta Calliari, una delle prime compagne di Chiara Lubich, e diede subito la sua adesione al nascente movimento dei focolari: era il 1949. A Pisa ha iniziato e diretto il servizio di anestesia e la relativa scuola di specializzazione. Contemporaneamente si formava attorno a lui una comunità di persone che, attirate dalla sua testimonianza, volevano seguire il suo stile di vita. Successivamente è stato per 15 anni responsabile della cittadella di Loppiano, formando, assieme a Renata Borlone, varie generazioni di focolarini. Dal 1981 al1986 ha dato inizio alla cittadella di Montet in Svizzera. E l’anno 2000 quando scrive a Chiara i primi sintomi della sua malattia: Volevo subito dirti grazie per sostenermi e illuminarmi in questo momento del mio Santo Viaggio. Da allora ogni giorno ha ripetuto la sua offerta per la Chiesa, l’Opera di Maria, la sua città. Il 31 dicembre 2008 ha concluso la sua esistenza terrena a Rocca di Papa mentre recitava l’Ave Maria assieme a quelli che lo assistevano.
L’ultimo libro di don Zirondoli
Vita della Chiesa. L’ultimo libro di don Zirondoli “La chiamavano signora maestra, ora la Chiesa la chiama serva di Dio”. Fra le tante biografie che don Alfredo Zirondoli ha scritto, due in particolare interessano direttamente la nostra città, perché ne descrivono la vita della gente, le situazioni storiche nella quale egli ha vissuto gli anni dell’infanzia e della giovinezza, fino a quando è rimasto in famiglia. Il primo volume porta il titolo Albertina, una storia che continua e narra tanti momenti della vita della mamma, soprattutto la sua incessante attenzione a chi era nel bisogno. L’ultima opera, concluda nel mese delgiugno 2008 “La chiamavano la signora maestra, ora la Chiesa la chiama serva di Dio”, raccoglie momenti del processo di beatificazione ed alcune delle testimonianze che sono state rese nella fase diocesana dello stesso processo canonico. I due volumi sono reperibili presso l’associazione che porta il nome della nostra diocesana e che ha la sede presso la parrocchia del Corpus Domini. Presso la parrocchia del Corpus Domini è possibile ritirare 1. l’ampio profilo corredato di tante testimonianze e letto il giorno del funerale 2. quanto è stato scritto di lui su Città Nuova.