Nell’autobiografia di Jorge Esteban (Lionello) dal titolo: “Una donna di Dio mi chiamò da lontano”, a cura di Oreste Paliotti, abbiamo trovato una bella testimonianza su Maras che vi proponiamo di seguito.
Breve nota introduttiva. Hector Jorge Esteban (Tucumàn 20/6/1943) conosciuto nel Movimento dei Focolari come Lionello, è uno dei primi focolarini argentini. Ingegnere, è stato responsabile per il Movimento in Argentina, Uruguay e Paraguay e uno dei dirigenti al Centro dei Focolari per parecchi anni a Rocca di Papa (Roma) e attualmente vive a Buenos Aires. Durante il suo periodo di formazione a Loppiano aveva fatto parte della scuola dei focolarini con Maras come responsabile, ed è in questo quadro che si inserisce la sua testimonianza. Lionello, dopo il primo anno di formazione, durante il periodo estivo, come tutti i suoi compagni di corso, era stato inviato nelle varie Mariapoli che si stavano svolgendo in Europa, per dare aiuto e testimonianza. Il racconto parte per l’appunto dal suo ritorno a Loppiano.
Secondo anno a Loppiano
“Durante il mio secondo anno partecipai a diverse Mariapoli successive col gruppo musicale argentino. In Italia, in quell’epoca, la musica folcloristica argentina era un po’ una novità. Per cui, nell’ambito del Movimento, eravamo richiesti da diverse zone e regioni. Ma questo non era stato il nostro unico impegno. Oltre alle varie ore di prove di canto, dovevamo occuparci dei nostri gruppi, composti in genere di giovani e alcuni adulti. Dopo una, due, tre Mariapoli, sebbene gli altri del gruppo musicale stessero bene, io mi trovai stanco. E alla stanchezza, come a volte si verifica, si aggiunse una prova di carattere spirituale. Ad un certo momento, infatti, mi sembrò di non essere in grado di reggere questo genere di vita. In particolare mi sentivo inadatto alla vita d’unità, incapace di costruirla o di viverla con la profondità che avrei voluto. Cosa fare? Meglio tornare a casa? C’era in me un profondo senso di fallimento.
Tornato a Loppiano, mentre ero come schiacciato sotto questo “peso” spirituale, seppi che sarebbe cambiato il responsabile della cittadella. A Giorgio Marchetti (Fede), sarebbe subentrato Alfredo Zirondoli (Maras), uno dei primi focolarini, che in quegli anni era responsabile della zona del Movimento che comprendeva Francia e Inghilterra. Pochi giorni dopo il mio arrivo, Maras espresse il desiderio di conoscere ad uno ad uno tutti noi della scuola di formazione. Pertanto, sarebbe andato a pranzare in ogni focolare. Il nostro fu scelto come primo. Abitavo in quel periodo in una delle “casette” prefabbricate. Durante la cena, Maras chiese a ciascuno di noi (eravamo in sette) di raccontare, in pochi minuti, la propria esperienza di vita. Qualcuno raccontò di sé e della scoperta del Movimento, qualcuno della propria scelta di Dio, qualcun altro dell’esperienza fatta fino ad allora nella cittadella. Io rimasi per ultimo. Quando arrivò il mio turno, non sapevo cosa dire, tanto mi sentivo un nulla. Mi sforzai comunque di dire qualcosa di positivo. Ma più andavo avanti, più ogni parola la sentivo senza senso, come vuota. Ricordo che abbracciai questo mio stato interiore doloroso come Gesù abbandonato “vuoto” e “senza senso”, abbozzai un sorriso e rimasi in silenzio. A quel punto, Maras disse a tutti: “Possiamo andare fuori”.
Ricordo quella notte come fosse oggi. C’era un meraviglioso cielo buio carico di stelle. Maras guardando questo splendido spettacolo della natura, ci ricordò una frase di Chiara: “Solo di notte, si vedono le stelle”. Io, poi, l’interpretai così: quando passiamo certi momenti di oscurità, riusciamo a vedere le cose più lontane, o le cose più profonde, come l’amore di Dio. Pensavo che come di giorno, con la luce, le stelle non si vedono, così solo di notte, nel dolore, si capiscono le cose più profonde della vita. Poi Maras ci racconto che, prima di venire a Loppiano, era stato con Chiara a Londra. Durante quei giorni, lui era con un focolarino che stava passando una grande prova spirituale. Ritornando con lui in treno da Londra, ad un certo momento gli disse: “Guarda che belli quegli alberi!”. Data un’occhiata a quegli alberi spogli, l’altro guardò sorpreso Maras, come a volergli chiedere una spiegazione. Maras continuò: “Si, perché così rassomigliamo di più all’idea che Dio ha degli alberi… Penso che sia così che Dio li vede nella loro essenza”. Quella frase, sotto quel meraviglioso cielo stellato, fu per me di grande luce. Rimasi in profondo silenzio. Maras poi salutò e se ne andò.
Tornati a casa, andammo a letto. Io però non riuscivo a dormire, pensando alla frase di Chiara: “Solo di notte, si vedono le stelle” e a quella di Maras sugli alberi “nudi”. Era, credo, circa la mezzanotte e, spinto da una forza interiore, decisi di alzarmi per andare a parlare con lui. Tutti dormivano già. Mentre mi avviavo deciso verso la casa dove abitava Maras, risuonò una voce: “Dove vai a quest’ora?”. Nel buio, riconobbi il responsabile del mio focolare. Tornava da un incontro con Maras e gli altri responsabili dei diversi focolari. Quando gli dissi che avrei voluto parlare con Maras, lui mi rispose che era tardi e sarebbe stato meglio farlo l’indomani. Accettai il suggerimento in silenzio e ritornai a casa a dormire.
Il giorno seguente, mentre stavo entrando nella sala per le lezioni, un focolarino mi avvisò che Maras, al quale era stata riferita la mia richiesta, desiderava parlarmi. Andai subito ad aprirgli il mio cuore. Riuscii a raccontargli quello che sentivo dentro: un’impressione di vuoto, la sensazione di essere incapace di costruire una profonda unità, così come intuivo che avrei dovuto fare. Gli dissi quanto mi avevano impressionato sia la frase di Chiara, sia la sua sugli alberi spogli. E che quella sera, nel momento in cui avrei dovuto dire qualcosa di me, mi ero sentito un pò come un albero senza foglie, senza frutti, senza niente.
Lì compresi che Dio mi voleva proprio così, come quegli alberi. Ma capii anche che di fronte agli altri, non dovevo fermarmi alle apparenze esterne, alle loro “foglie”, ai loro “frutti”, ma cogliere la loro essenza. Concludendo, dissi a Maras: “Quelle frasi per me sono state illuminanti; ho capito che il mio senso più vero e il senso di ogni fratello è Gesù abbandonato. Solo partendo da questa base – Gesù abbandonato in me che ama Gesù abbandonato nei prossimi – mi sento capace di costruire la profonda unità a cui agogno”. E aggiunsi: “Pensavo che due persone ricche di sé non possono costruire l’unità. Possono farlo solo se povere di sé, essendo un “nulla d’amore”, come Gesù abbandonato”. Maras rimase contento di quanto gli avevo detto: da quel momento nacque con lui un rapporto di unità profonda, che poi si moltiplicò nel rapporto con tutti, incominciando dal mio responsabile di focolare.
Per questo, gli ultimi mesi trascorsi a Loppiano risultarono un corso accelerato di unità con Dio e con i fratelli. E con essa, tornò la gioia, vera espressione della nostra vita. In quel periodo diventai anche responsabile di uno dei focolari. Si avvicinava la partenza. Quando Maras scoprì che io non avevo ancora visitato Firenze, città studiata solo sui libri, organizzo per me e gli altri focolarini una visita al museo di San Marco, dove ci illustrò il Beato Angelico, le cui opere lasciavano trasparire la luce del divino. Quella giornata è rimasta per sempre nella mia memoria.