Testamento spirituale di Maras Alfredo Zirondoli
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«Avvicinandosi il momento in cui la mia esistenza terrena finirà, sento il dovere di lasciare scritta una parola che riassuma tutto il mio passato, esprima il mio presente e si proietti nel futuro:
GRAZIE!
Grazie a Dio nel quale ho sempre creduto per merito della famiglia nella quale sono nato e cresciuto.
Un Dio che si è reso sempre presente e che mi ha chiamato a seguirlo.
Grazie soprattutto per il momento in cui, già avanti negli anni, trovandomi in pericolo di morte, Egli mi si è manifestato come l’Essere, il Tutto, il Valore assoluto, tanto che mi è stato impossibile da quel momento dar importanza a ciò che non era Lui o espressione di Lui.
Grazie a Gesù, l’Uomo, la Verità, il Modello, Colui per il quale tutto è stato fatto e che tutto contiene: le cose visibili e le invisibili.
Grazie allo Spirito dal quale mi sono sentito spesso avvolto, illuminato, nutrito.
Grazie a Maria, Colei “di cui mai abbastanza si dirà” che mi è stata madre, maestra, amica, che mi ha affascinato con la sua Bellezza, lei la “tota pulchra”, che mi ha spesso dolcemente ammonito e sempre mi ha convinto col suo amore.
Grazie a Chiara (Lubich) per il suo carisma, la sua persona, la sua Opera.
Da lei, “trasparenza di Maria” ho imparato l’Amore e non ho voluto far altro nella vita – posso dirlo di fronte a Dio in questo momento solenne – se non amare.
E quando dall’Opera di Maria mi sono state affidate delle persone da formare ho sempre voluto portare tutti a Chiara e che si amassero fra di loro.
Certamente non ho amato abbastanza, ho amato male, ma l’intenzione era buona e mi consola la frase di un Santo: “Nel valutare la vita di una persona non bisogna guardare solo a ciò che ha fatto ma le intenzioni che aveva”.
Un grazie speciale a Chiaretto (don Foresi) per il mio sacerdozio al quale, insieme a Chiara, mi ha chiamato e del quale mi ha dato un esempio luminoso e sofferto.
Di mia madre Albertina non dico nulla. Lascio alla Chiesa che ha iniziato il suo processo di canonizzazione, di mettere in evidenza le sue molte doti e le virtù.
Nell’Amore di cui la famiglia dell’Opera di Maria è impregnata e che mi ha coinvolto e reso felice ho spesso sperimentato da parte di tante e tanti quell’amicizia di cui parla Gesù (cito a memoria) “Vi ho chiamati amici perché vi ho fatto conoscere le cose che il Padre [mi ha][1] comunicato”.
Grazie per il dolore, fisico, morale e spirituale che non è mai mancato e che ho spesso sentito, come dice san Paolo, la possibilità di compiere ciò che manca alla Passione di Cristo e, come insegna Chiara, l’incontro con Gesù abbandonato che per noi dell’Opera di Maria permette di attualizzare fra noi dei rapporti che costruiscono il Corpo di Cristo, la Chiesa.
E accanto al GRAZIE un’altra parola che ha tutta la dimensione del GRAZIE: PERDONO.
Perdono per i miei peccati, le mie incorrispondenze, l’aver tenuto per me qualcosa che era Suo, per non aver amato sempre, subito e con gioia.
Ma il GRAZIE è più importante!»
[1] Mancano nel testamento olografo