Il perdono rende liberi

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Esperienza di Maras trascritta da una registrazione fatta da lui stesso nel 2008, appena 3 mesi prima di morire.

Albertina con Maras in osped.

Albertina con Maras in ospedale

 

Un giorno sentii dire da mia madre a un gruppo di ragazzi ai quali faceva lezione: «Qualunque torto riceviate, perdonate, per ché altrimenti non sarete liberi». Una frase che mi colpì e che al momento non capii. Che un cristiano debba perdonare perché Gesù l’ha comandato, lo capivo e anche avevo sempre cercato di farlo, ma che rapporto ci fosse fra il perdono e la libertà proprio non lo capivo. Evidentemente dovevo farne una forte esperienza. L’occasione si presentò qualche tempo dopo quando venni a sapere che il figlio del contadino di mio padre (che chiamerò Giorgio con un nome di fantasia per non farlo riconoscere), essendosi lasciato coinvolgere dalle idee che circolavano in Emilia Romagna negli anni ’60 (“la terra ai contadini”) aveva estorto con la violenza a mio padre una firma con la quale cedeva a lui la proprietà del terreno sul quale lavorava.

Una cosa assurda e incomprensibile fuori dal contesto infuocato di quegli anni, ma allora era così e per chi non si adeguava erano guai. Io mi trovavo all’estero e quando rientrai in Italia venni a conoscere tanti particolari dell’accaduto: mio padre minacciato di morte era stato legato a una sedia e costretto con la forza a firmare. La cosa, subito denunciata all’autorità, si era poi risolta dal punto di vista giuridico con un nulla di fatto, ma mio padre, quando lo vidi era ancora sotto choc per la violenza subita da un giovane che, oltre tutto, era stato da lui tanto aiutato. Pensai allora di incontrare Giorgio, ma non mi fu possibile per ché dovetti ripartire per la Francia. Mi era però difficile immaginare di incontrarlo e di guardarlo negli occhi come quando da ragazzi giocavamo insieme…

L’occasione si presentò qualche mese dopo quando mia madre mi fece sapere che Giorgio era ricoverato in ospedale e che «forse era bene andarlo a trovare – mi disse – perché sembrava trattarsi di una malattia grave». Rientrai subito in Italia, andai in ospedale, parlai con i medici che mi confermarono trattarsi di un tumore maligno ormai a breve scadenza e finalmente incontrai Giorgio. «Mi dispiace per quello che ho fatto a tuo padre», mi disse alquanto impacciato. «Il passato è passato, ora pensiamo al presente», risposi tendendogli la mano. E lo guardai negli occhi. Mi sentivo libero e felice. Aveva ragione mia madre! Ci abbracciammo e ripartii per la Francia. Poco tempo dopo Giorgio morì. Partecipai al funerale insieme a mio padre contento di essersi riconciliato con lui prima che morisse. Mia madre l’aveva aiutato a perdonare il torto ricevuto e questo aveva ricucito lo strappo che si era creato anche con tutta la famiglia sua. Veramente il perdono rende liberi e ci consente di essere in pace con Dio e con gli uomini.

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About Luca Tamburelli

Sposato e padre di fue figli, vivo in Francia, a Annonay, presso Lione. Sono amico di Maras e di moltissimi suoi amici.