Nell’estate del 1977, mi trovavo a Loppiano per la scuola dei Focolarini e una sera, mentre scendevo da Campogiallo guardando il cielo, quando le stelle brillano di più e ti par di toccarle mi è venuta un’immagine che poi di getto ho messo giù in poesia e che trascrivo qui di seguito. Poesia? Non so se si può dire, in ogni caso un’esperienza forte, scritta in dialetto veronese, la lingua che avevo appena lasciato. In quel momento, mi sembrava che il cielo era composto da un immenso telone che copriva completamente la terra, tenendola al buio dove mancava la vita, proprio perché non c’era la luce. Questo telone però era tutto logoro e vi erano dei buchetti da dove filtrava la luce che c’è sopra e molto forte. Questi buchi erano diversi per grandezza, forma e la luce che filtrava si distingueva con varie tonalità. E qui l’intuizione: Questi buchi sono delle “persone” che nei secoli illuminano la nostra vita e sono i vari personaggi come Gandhi, Martin Luther King, Mandela o artisti, grandi santi, papi, ecc. O figure contemporanee come lo era Chiara Lubich, che era un vero e proprio fascio di luce. Ma vi erano anche dei buchetti più piccoli, dove filtrava comunque una luce viva e Maras lo era per me in quegli anni che mi aiutava nei primi passi in focolare. Trascrissi quel testo su un cartoncino e ne feci dono a Maras per una sua festa che probabilmente essendo estate potrebbe essere stato per la festa dell’Assunta.
STANOTE GUARDANDO EL CIEL
Stanote guardando el ciel
el me parea un telon
tuto scuro, smarìo in fondo,
frustà,
con dapartuto buseti.
dandoe pasa la luce che ghé de sora
granda! granda!
I è tuti difarenti
uno piassé gialo, uno piassé grando,
uno piassé picolo, uno piassé ciaro,
uno che brila de pì.
De quei che sta tachè,
de quei che fa figure.
Gh’è anca dei busoti
dandoe pasa la luce
tanta! tanta!
E co sta luce gh’è un poco de ciaro
e se ghe vede a caminar,
anca mi ghe vedo un poco e vo avanti.