LA CHIAMAVANO LA SIGNORA MAESTRA
Ora la Chiesa la chiama Serva di Dio
Momenti del processo diocesano di beatificazione di ALBERTINA VIOLI ZIRONDOLI conclusosi il 16 maggio 2007.
Nel 2001 usciva ad opera dell’Editrice Città Nuova un libro dal titolo “Albertina – Una storia che continua”. Era la biografia di una donna di Carpi vissuta dal 1901 al 1972, di professione insegnante, che ha lasciato una profonda impronta nelle migliaia di persone che l’hanno conosciuta. Ed è stata punto di riferimento spirituale e morale, oltre che materiale per molte persone anche al di fuori della sua città.
La chiamavano “la Signora Maestra” quasi ad indicare la sua caratteristica di persona tutta rivolta ad essere di aiuto e di luce per quanti si rivolgevano a lei. Il libro-biografia sopra citato, poco più di cento pagine, che riportava testimonianze e documentazioni sulla vita di Albertina ha avuto un’ampia risonanza, molto al di là del previsto. È stato subito ristampato e iniziarono ad arrivare alla redazione e all’autore lettere che raccontavano fatti e discorsi inediti di questa donna, che aveva spesso operato nel silenzio e aveva segnato la vita di molti rimanendo nella loro storia. Si notò che l’ultima frase del libro «…e la storia continua» sembrava profeticamente prevedere uno sviluppo di questa storia attraverso fatti e testimonianze che avrebbero arricchito la conoscenza di Albertina. Molti di questi fatti sono avvenuti dopo la sua “partenza” a dimostrazione – come ha scritto un lettore – che Albertina è viva e operante ora. Per questo è sembrato opportuno raccogliere questi racconti che persone non solo dell’Italia ma d’oltralpe e perfino di altri continenti hanno fatto pervenire, e pubblicarli pensando che
saranno di luce – ci auguriamo – per la vita personale, sociale e religiosa di molti. Li chiameremo “momenti di una storia che continua” e sono in realtà tappe della vita di Albertina che si estende e si sviluppa nel tempo secondo la legge evangelica del chicco di grano che, se cade in terra e muore, porta molto frutto. Buona lettura quindi e buona meditazione.
Alfredo Zirondoli
Breve storia di Albertina Violi Zirondoli
La Signora Maestra
«Occorre un Amore – scrisse un giorno – che vada al di là della natura pur avendo di questa tutte le sfumature, un amore che può avere chi, avendo dato tutto a Dio, sul modello di Maria, partecipa in qualche modo della maternità di Lei». La nascita, agli inizi degli anni ’60, della cittadella internazionale di Loppiano, sulle colline del Valdarno, presso Firenze, fu per lei l’occasione di conoscere i giovani e le famiglie – più di 500 persone – lì convenuti da tutti i continenti per un’esperienza di unità che l’affascinò e la coinvolse, al punto che tutto il tempo disponibile e tutte le sue energie furono orientate ad aiutare gli abitanti della cittadella e a farne conoscere l’esperienza. Da Carpi accompagnò quasi ogni domenica decine di persone e durante la settimana raccolse indumenti, cibo, aiuti di tutti i generi per sostenere la cittadella, compresi i giocattoli e i dolci per rallegrare i bambini delle famiglie che si erano stabilite a Loppiano temporaneamente o stabilmente. Finché, per motivi di salute, fu costretta lei stessa a fermarsi nella cittadella l’ultimo anno della sua vita. Il suo sorriso, la sua mansuetudine, la sua “maternità spirituale” sono state punto di riferimento per tanti, soprattutto giovani, attualmente sparsi in molte nazioni del mondo che continuano, a distanza di oltre trent’anni dalla sua scomparsa, a vivere di questo rapporto con lei e ne tramandano l’insegnamento. Morì il 18 luglio 1972 dopo mesi di sofferenze fisiche e morali, confortata dalla presenza di Chiara Lubich che fu testimone della sua consacrazione a Dio nell’Opera da lei fondata. La sua salma riposa nel camposanto della cittadella. Nel 2005 è iniziato nella diocesi di Fiesole, di cui Loppiano fa parte, il processo di beatificazione di Albertina Violi Zirondoli che si è concluso nella sua fase diocesana il 16 maggio 2007. Per la Chiesa ora Albertina è Serva di Dio. Attualmente la sua causa si trova a Roma presso la Congregazione per le Cause dei Santi.
MOMENTI DI UNA STORIA CHE CONTINUA
Inizio del processo di beatificazione di Albertina
Alla solenne Concelebrazione che il 5 novembre 2005 ha avuto luogo nel Santuario Maria Theotokos (Madre di Dio) della cittadella di Loppiano, per rendere pubblico
l’inizio del processo di beatificazione di Albertina1, hanno preso parte, oltre ai vescovi di Fiesole e di Carpi2, 31 fra sacerdoti, religiosi e diaconi delle scuole di Loppiano. Erano presenti anche un centinaio di focolarine e focolarini delle scuole internazionali di formazione e una trentina di famiglie italiane e non che vivono temporaneamente o stabilmente nella cittadella. Oltre a questi, persone venute per l’occasione da Carpi, Verona, La Spezia e Roma. In tutto un migliaio, se si contano i visitatori saliti da Incisa e da tutto il Valdarno. Avrebbe voluto essere presente anche Chiara Lubich che, impedita per moti-vi fisici, ha inviato la seguente lettera:
Lettera di Chiara a mons Giovannetti
Eccellenza Mons. Giovannetti, ho accolto con gioia il desiderio suo e del vescovo di Carpi, Mons. Tinti, di vivere insieme un momento solenne di preghiera per affidare a Dio il processo diocesano di beatificazione per Albertina Violi Zirondoli. Non potendo essere presente di persona lo farò spiritualmente, unendomi a tutti nella lode e nell’invocazione a Dio. La scelta del Santuario, dedicato a Maria la Theotokos, come luogo per la concelebrazione Eucaristica, mi è parsa particolarmente significativa considerando il grande amore di Albertina per la Madonna e per la cittadella di Loppiano che ella aveva scelto come sua “nuova patria”. Come non ricordare il suo impegno, durante tutta la sua vita, ad imitare Maria per essere, come Lei, Vangelo vivo, dono di sé a Dio e ai fratelli? Impegno che l’ha resa partecipe, in qualche modo, della Sua maternità spirituale. Proprio dal rapporto con Maria, Albertina attingeva la forza di trasformare sempre ogni dolore in amore e questo fino alla fine. Ricordo che sentendo imminente l’Incontro con lo Sposo disse di volermi aiutare a portare i miei pesi. Ha vissuto fino all’ultimo la Parola della Scrittura su cui aveva impostato la sua vita: «Portate i pesi gli uni degli altri» (Gal. 6,2 ). La sua testimonianza continuerà ad essere di luce e di stimolo per quanti vogliono, come lei, dare il loro contributo nel portare avanti il Regno di Dio. Unita nella preghiera porgo a Lei e a S. E. Mons. Tinti i più cordiali saluti.
Alla concelebrazione ha dato la sua testimonianza il vescovo di Carpi:
Albertina è stata una credente autentica – ha detto – non solo una praticante. Ha praticato sì la Messa, l’Eucaristia, la preghiera, ma sempre trovando in queste pratiche le occasioni per innamorarsi sempre più del suo Signore, per immedesimarsi nella volontà del Signore non sempre facile da cogliere, per abbandonarsi pienamente al Signore. Una seconda caratteristica di Albertina è stata di essere una seminatrice di speranza e di serenità. Era un’anima abituata a stare con il Signore e a fare del Signore la sorgente della sua serenità e della sua pace che poi comunicava e diffondeva a tantissime persone. Una terza caratteristica vissuta con pienezza e vibrante calore è stata di essere una grande educatrice con un cuore di mamma che ha cercato di procurare ai giovani, soprattutto alle ragazze una formazione, una cultura e un lavoro. Queste caratteristiche hanno fatto di lei un punto di riferimento per l’intera città e lei ha sempre orientato tutti al Signore. Per questo il Padre celeste ora la onora.
Oltre a Mons. Tinti hanno dato la loro testimonianza Iole Teresa Mucciconi allora postulatrice della causa di Albertina, Valerio Ciprì, don Alfredo e una focolarina che, per salvare la privacy, chiameremo Patrizia.
La storia di Patrizia
Sono felice di raccontare la mia storia – ha detto Patrizia – proprio oggi che viene reso pubblico il processo di beatificazione di Albertina Violi Zirondoli. Fu lei ad aprirmi la via perché io conoscessi la spiritualità del Movimento dei Focolari. Sono nata in un piccolo paese della provincia di Modena ed ero conosciuta da tutti un po’ per le mie pazzie in quanto la domenica mattina mi vedevano passare con un pallone sotto il braccio ed una fila di ragazzi dietro di me per andare a giocare a calcio. E così facevamo anche per andare a giocare nelle altre parrocchie in trasferta.
Oppure mi trovavano in un ricovero di anziani a cantare, oppure cantavo nel coro della parrocchia, o anche preparavo serate ricreative con altri giovani per tutto il paese. Per guadagnarmi il pane lavoravo in una fabbrica di maglieria. Avevo iniziato un cammino a due con un giovane studente di medicina che poi morì in un incidente stradale, e a un sacerdote che aveva pensato per me una vocazione religiosa avevo risposto che io in una comunità non sarei mai entrata. Il futuro quindi non mi lasciava prevedere nulla di particolarmente originale per me e per la mia vita. Avevo compiuto da poco i 19 anni quando mi accadde un fatto che sul momento sembrò insignificante ma che si rivelò più tardi un autentico giro di boa per la mia esistenza. Venne a trovarmi una signora di Carpi che non conoscevo e mi propose di partecipare ad un incontro-vacanze per il quale non provai alcun interesse. Perciò rifiutai dicendo che non avevo ferie in quel periodo. Se non avevo provato interesse per la proposta non altrettanto era avvenuto nei confronti di quella signora che mi era rimasta impressa nella memoria pur non sapendo nulla di lei.
Passarono alcuni anni e un giorno nella ditta in cui lavoravo una persona mi fece una proposta inaccettabile dal punto di vista morale che mi turbò profondamente al punto che non osai parlarne a nessuno nemmeno con mia madre. Per non incontrare più quella persona pensai allora di lasciare la ditta. Ma come darne spiegazioni? E come rischiare di restare senza lavoro dato che in famiglia avevamo assoluto bisogno del mio stipendio? Non vedendo alcuna via di uscita, la tensione aumentava ogni giorno di più fino a provocarmi un’ulcera allo stomaco. Un giorno che fui costretta a mettermi a letto ed ero particolarmente angosciata mi venne improvvisamente in mente quella signora, quel volto, quegli occhi, quella presenza che mi avevano colpito profondamente e dissi a me stessa: «Andrò da lei». Non conoscevo né il suo nome né dove abitasse né cosa facesse, ma il bisogno di vederla era così forte che appena potei mi recai a Carpi. Giunta in piazza cominciai a chiedere chi conoscesse una signora dai capelli bianchi ondulati, una signora fine. Mi fecero alcuni nomi e mi diedero alcuni indirizzi. Al primo campanello a cui suonai venne ad aprirmi proprio lei. Era Albertina! Mi accolse sorridente, mi fece entrare, si accorse che avevo un problema serio e penso che per farmi sentire a mio agio con semplicità si sedette e cominciò un lavoro di cucito. Dopo mesi di angoscia vissuta dentro potei finalmente aprirmi. Lei mi ascoltò in silenzio e per tutta risposta mi disse sotanto: «Domenica andrò a Loppiano. Vuoi venire con me?» Non sapevo nulla di Loppiano, ma dissi subito di sì e la domenica seguente giungemmo alla cittadella dove ci attendevano perché Albertina aveva avvertito i responsabili. Silvana Veronesi, una delle prime compagne di Chiara Lubich, mi propose di fermarmi per una settimana, cosa che sul momento mi parve impossibile sia per il mio datore di lavoro che per mia madre la quale viveva sola ed era quasi cieca. Ma inaspettatamente entrambi mi diedero il permesso e così iniziai la settimana di riposo che mi era stata offerta. Non si trattò però di un riposo, ma dell’inizio di un totale cambiamento di vita che continua ancora oggi: una vocazione che attraverso esperienze allora imprevedibili mi portarono a scegliere Dio per tutta la vita nell’Opera di Maria.
La strada non è stata facile soprattutto perché mia madre, i miei fratelli e molti amici non capirono una decisione così repentina. Essi formularono le ipotesi più diverse, ma la chiamata l’avevo sentita io, anche se non riuscivo a spiegarla. Sono stata criticata, ostacolata, minacciata. Quasi ogni domenica veniva qualcuno per riportarmi a casa. E la prima volta che tornai nel mio paese fui derisa in piazza di fronte a molta gente. Se la presero anche con quella signora di Carpi che avrebbe addirittura favorito la mia partenza da casa per nascondere una maternità. E quando Albertina si recò da mia madre per chiarire la cosa si vide sbattere la porta in faccia. Furono anni molto duri durante i quali l’unica persona che venne regolarmente a trovarmi a Loppiano per aiutarmi, sostenermi, condividere con me le diverse fasi della mia situazione, e anche per portarmi cose di cui intuiva potessi avere bisogno, fu Albertina. E lo fece con estrema delicatezza, senza mai dare l’impressione che facesse qualcosa per me. Quando poi le acque si calmarono e io ero saldamente inserita nel Movimento non la vidi più, quasi avesse esaurito il suo compito. Io avrei tanto desiderato rincontrarla. Ma prima ero spesso in viaggio, poi lei se n’è andata. Ma è viva, è ancora viva nel mio ricordo e nella mia vita. E in questo giorno così sacro e così bello sentire parlare di lei come di una persona proposta per la santità mi sono sentita fortunata e ringrazio Dio di averla messa sul mio cammino dove è stata per anni quella mamma che umanamente mi era venuta a mancare.
Dopo questo inizio alla Theotokos, momento solenne che resterà impresso in tutti i presenti, si sono succeduti al Tribunale Ecclesiastico di Fiesole molti testimoni di vario ceto, età, etnia venuti da tutto il mondo e si sono moltiplicate le testimonianze che hanno fatto da supporto al processo di beatificazione. Alcune di queste – altrettanti momenti di Dio – sono riportate qui di seguito.
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