Meditazione di Maras
“…chi invece crede nel Figlio, possiede il Padre…” Prima Lettera San Giovanni cap. 2 – 22,23: “Chi dice la menzogna è l’anticristo e l’anticristo nega che Gesù è Cristo; e chi nega il Figlio non possiede neanche il Padre, chi invece crede nel Figlio, possiede il Padre …”.
Premessa*
SECONDA PARTE
Se la vita non c’è è inutile parlare
Quindi “Non avete bisogno che nessuno vi ammaestri”, avete bisogno però che ognuno vi purifichi, o meglio vi chiarifichi.
Tutti voi sapete, volete vivere l’Ideale, ma bisogna che qualcuno vi dica cos’è l’Ideale. Questo non è un ammaestramento, è una chiarificazione che risulta in una purificazione: “Io credevo una cosa, mi hanno detto che ho sbagliato tutto”. Uno deve imparare tutto perché deve imparare tutto; c’è bisogno di qualcuno che gli dica le cose, ma non gli dà la vita, se la vita non c’è è inutile dirglielo. E questo lo sapete tutti perché vi accorgete che se voi non vivete, le parole che vi dicono gli altri non vi servono a niente. E quando voi andate a predicare, a far raduni, se gli altri non vivono le vostre parole non servono, è meglio non dirle, non suscitano la vita. Evocano, cioè la tirano fuori la vita che c’è se uno la lascia venir fuori. Se uno è di buona volontà lascia venir fuori la vita che è dentro al contatto della verità predicata; ma se uno non ha buona volontà, si chiude. Anche il giovane ricco di fronte alla verità che era Gesù, che gli parlava con amore: “Lo guardò con amore” e gli disse: “Vendi tutto quello che hai, vieni e seguimi”. E il giovane ricco è andato via. Quindi neanche Gesù è riuscito a prenderlo, a conquistarlo, perché il giovane ricco era libero e non ha permesso alla verità dentro di lui di venir fuori e far unità con la verità piena che era Gesù presente.
Pilato, di fronte a Gesù, non ha capito niente. Gesù gli ha parlato che “Io sono la Verità. Io sono venuto per rendere testimonianza alla verità”. Pilato non ha capito niente. “Cos’è la verità?” E Gesù non ha più risposto. Cosa poteva fare Gesù?!
Però può darsi che non sia il momento
Si capisce che dipende tutto da ognuno, tutto da ognuno di vivere. Se viviamo intensamente, se c’è questo scambio dentro di noi della Trinità, che è misterioso, ma ogni tanto qualcosa capiamo, perché ci viene un’idea che ha tutto il timbro di un’ispirazione (io, in genere, le capisco quando non le seguo. Quando non ascolto queste idee mi accorgo che erano ispirazioni mancate. Ma vuol dire che ci sono dal fatto che non le seguo, tante volte, mi accorgo proprio che se avessi fatto quella cosa lì che mi era venuta in mente in quel momento, raggiungevo lo scopo, invece, dopo, non l’ho raggiunto). E lo S.S. c’è in ognuno, soltanto che abbiamo bisogno poi di metterci insieme e questo è il fatto importante, perché abbiamo bisogno di un capo che ci faccia muovere insieme; come una macchina, sono tanti pezzi, ma se non sono insieme, la macchina non funziona. Quindi, ci sono i pezzi ma non c’è il movimento, non c’è la macchina.
E così, non c’è il focolare se non c’è il due o più uniti, ma il due o più vuol dire due o più vivi, non due o più pezzi inutili, pezzi morti o che aspettano dal responsabile di focolare la vita. Il responsabile non dà la vita, ma non la dà nessuno la vita, neanche Chiara la dà la vita, neanche il Papa non la dà. La vita viene da Dio e Dio nel darvi la vita ogni momento, vi dice anche cosa fare. Poi questo cosa fare, siccome ognuno di noi è una canna, come dicevamo prima, un po’ non pulita, la interpreta male questa cosa; allora la dice e l’altro dice che non si è capito niente e viene il moderatore che mette a posto le cose. Qualche volta la interpreta bene; uno è abbastanza puro per capire qual è la volontà di Dio, però può darsi che non sia il momento di dirla quella cosa agli altri, o di farla così. Allora il superiore dice: “Questa cosa non si fa”, non perché è sbagliata, ma perché non è opportuna, cioè non è il momento giusto. Ed allora si capisce che ci vuole tanta umiltà in questo gioco d’unità, perché uno non può mai dire: “Io sono nel giusto e lui non mi capisce”. Non ti capisce, forse, perché non è il momento opportuno; o forse ti capisce molto bene, ma non è prudente che tu questa cosa la dica o che tu la faccia da solo. Quindi non stiamo mai ad analizzare quando ci dicono di no: “Ma, sarà perché non è opportuno? Perché non è giusto? Sarà perché io mi sbaglio? Perché lui non mi capisce? O perché gli altri con me sono così piccoli che una cosa così grande non la capirebbero e allora il superiore per tenere l’unità dice di non dirla?”. È inutile fare questi discorsi, che sono tutti veri, ma non sappiamo mai qual è vero di questi e quindi è meglio semplicemente dire di sì, fare unità ed andare avanti.
Però resta il fatto che la vita ci deve essere perché uno dice: “Mi dicono sempre di no, io basta, mi lascio andare. E’ inutile che cerchi di ascoltare quelle cose che mi sembrano giuste, dentro, quelle idee, perché mi dicono sempre che è sbagliato, basta!”. E invece no, continuate a dirle; ad un certo punto, ogni tanto, qualcuna andrà a buon fine.
Quando uno non ha la vita dentro è già molto se una volta la settimana riesce ad avere una cosa e magari quella gli dicono di no, allora lui si sente morire; ma vuol dire che dovrebbe averne di più invece che una sola la settimana; se ne avesse 15 al giorno, allora ne passerebbero 3 o 4 alla settimana.
Questo per dirvi che queste idee o ispirazioni si traducono a volte in desideri: facciamo questo, facciamo quello. E’ bello che abbiamo delle idee, è bello anche che siamo potati, perché non si può fare tutto. Bisogna fare un’unica cosa e insieme e la grazia per l’insieme ce l’ha il responsabile di focolare e la grazia nell’insieme nelle comunità ce l’ha il superiore e nella Chiesa ce l’ha il Papa.
La nostra conversazione è nei Cieli
Ecco, la conclusione è questa: “Figlioli, rimanete in Lui, affinché noi possiamo avere fiducia quando apparirà e affinché noi non veniamo svergognati quando Lui verrà di nuovo”.
Ecco, questa cosa è anche importante, perché tutti i giorni muoiono tante persone che noi conosciamo, poi ne muoiono che noi non conosciamo, già quelli che conosciamo noi vediamo che in fondo il tempo passa in fretta. Quindi questa sua venuta è vicina e non si improvviserà niente, all’ultimo momento della vita non sarà diverso da quelli precedenti; se noi viviamo adesso bene la vita eterna, la vivremo anche in quel momento difficile che è la morte perché avremo la capacità di amare al di là di noi. Se noi non amiamo adesso, non ci viene, così, improvvisamente. Avremo una grazia speciale, però avremo anche una prova speciale; avremo tutti gli angeli, i Santi, S. Michele che ci aiuta, però avremo anche il diavolo molto più forte di quello che è stato nella vita e saremo soli. Avremo tutte le persone vicino, ma non le vedremo, perché quando uno sta morendo non vede, non sente, c’è una solitudine terribile. Bisogna che noi la affrontiamo già in questa vita questa solitudine, che viene dal taglio con tutto, dalle potature e dal cercare di trovare questa vita, questa vita, la vita eterna che è quella del Padre, del Figlio con lo Spirito. Il nostro dialogo con Maria e coi Santi, dice San Paolo dice: “La nostra conversazione è nei Cieli”. Conversate voi coi Cieli, conversate, di giorno o no? O fate un lavoro, pratico, o parlate con una persona? Parlare con una persona dovrebbe essere dargli il frutto della vostra conversazione nei Cieli, con Maria, con Gesù, coi santi, con la Mariapoli Celeste. Il lavoro dovrebbe essere una traduzione pratica di questo rapporto, se no, non è la volontà di Dio, è un lavoro, ma noi non siamo fatti per lavorare, noi siamo fatti per fare la volontà di Dio che si traduce in opere. E noi, alla fine della giornata, non ci interessa aver prodotto, ma aver fatto la volontà di Dio, che può essere di aver prodotto, ma se è volontà di Dio e la volontà di Dio è se noi siamo in rapporto con Dio, altrimenti facciamo delle cose completamente inutili.
Era inutile venire a Loppiano per non fare la volontà di Dio, che poi i lavori li facevamo meglio fuori, certi lavori li fanno meglio altri.
Diceva un giorno un religioso: “Non è necessario essere battezzati per fare un lavoro e neanche per parlare non è necessario essere battezzati”. Ora noi siamo battezzati per fare un’altra cosa, per fare la volontà di Dio, per conversare con Dio e col prossimo, con Dio nel prossimo. Ecco, allora va tutto bene; ci sono tanti dolori, tante difficoltà, ma va tutto bene e la vita è piena ed allora si capisce che deve essere moderata, orientata, si capisce tutto. Se non c’è questa vita non si capisce niente, si comincia a giudicare gli altri, le situazioni, le strutture, l’Opera: “Perché si fanno queste cose? Si potrebbero fare meglio …”, tutto si trova e più si va avanti e più ne troverete, perché non si vive; perché se si vivesse si sentirebbe l’esigenza di ordinare la vita e la vita viene ordinata solo dal di fuori, dall’esterno, cioè, qualcosa che viene dall’alto, ma che è più grande di noi, noi non possiamo ordinarla la vita comunitaria, ci vuole un capo-comunità che ordina la vita della comunità.
*PREMESSA: Quella che segue è una trascrizione da un commento di Maras al Vangelo del giorno. Si tratta quindi di una trascrizione di un parlato che espressamente non abbiamo voluto cambiare per rispetto dell’autore ben sapendo che al lettore domanderà un supplemento di attenzione. Maras in queste conversazioni, partiva dalle letture del giorno e le commentava direttamente senza nessun altro supporto se non il Vangelo e l’attenzione di chi ascoltava.