Quando incontrai la prima volta Sugil-An non sapevo che si trattasse di un ingegnere mandato appositamente a Parigi dal suo governo per fare degli studi di fisica nucleare. Vedevo soltanto un coreano di età indefinibile, piccolo, enigmatico, senza alcuna luce negli occhi e con una espressione seria e chiusa.
Lo rividi aperto, vivace, sorridente
Quando lo rividi dopo alcuni mesi era invece cosí aperto, vivace, sorridente che mi resi conto che quella improvvisa manifestazione di intelligenza e di vita doveva essere stata conseguenza di una sostanziale trasformazione.
Fu Sugil stesso a raccontarmi cos’era accaduto. A Parigi era tutto cosi assolutamente diverso dalla Corea che era andato in crisi. Là un’educazione basata sul rinnegamento di sé e sul senso del dovere, qui invece appariva solo l’idolatria dell’« io » e la libertà più assoluta. Dov’era la verità? La sua religione, confucista, non gli dava nessuna risposta né, tanto meno, gli faceva trovare la forza per andare avanti.
Aveva cercato amicizie ma si era sentito ricacciato da tutti con una grossolanità che a lui — delicatissimo di animo — aveva fatto tanto male. Finché un giorno si trovò accanto una signorina che aveva un’espressione e un comportamento come non aveva mai visto. Chiese di conoscerla e si senti invitato in Mariapoli.
In Mariapoli
In Mariapoli, Sugil passò di sorpresa in sorpresa. Infatti non sapeva di cosa si trattasse, né conosceva la Chiesa cattolica. Però vedeva una società di persone contente, che avevano un ideale e che si volevano bene tra loro. Erano tanto diverse per lingue, condizioni, età, eppure avevano tutte lo stesso sorriso di quella signorina che lo aveva invitato. La Messa, a cui partecipò quasi inconsciamente, fu poi il colpo di grazia. Capi che era la fonte di tutta quella vita: che era una cosa misteriosa e affascinante ad un tempo.
Per cui desiderò subito divenire cattolico e comunicare questa sua scoperta ad un suo carissimo amico, in Corea. Però l’amico lo prevenne e gli fece sapere che, proprio in quel periodo, aveva conosciuto un missionario cattolico e… che voleva seguirlo nella sua fede. Fu un ulteriore colpo per Sugli che toccava con mano come ci fosse un Padre che raccoglieva tutti i figli e li riconduceva a casa.
Ritornando a Parigi, Sugil cominciò a frequentare la chiesa cattolica e contemporaneamente a prepararsi — con l’istruzione religiosa — al battesimo. Aveva appena un’ora di tempo libera dal lavoro; ne approfittava per studiare e per accompagnarsi ai « mariapoliti » che gli ricreavano quell’ambiente che da nessun’altra parte egli era riuscito a trovare.
Fra loro si trovava proprio bene
Una sera confidò che fra loro si trovava proprio bene. « E’ proprio quello che cercavo: poter essere sincero di fronte agli uomini come di fronte a Dio. Prima pensavo di dover apparire come non ero e per questo mi sforzavo di essere serio e di non lasciar mai trapelare nulla di quanto mi passava dentro. «Mi dicevano che dovevo conservare la mia dignità, che era necesario presentarsi sempre coi propri titoli e col proprio casato e invece tra voi ho trovato la semplicità cui veramente aspiravo. Oggi nel metro pensando a voi avrei voluto dire ” ciao ” a tutti!».
Ogni tanto si presentava con qualche collega —ché da quando era cambiato lui si erano cambiati anche tanti attorno a lui — ai quali presentava gli amici cosí: « Questi vi faranno trovare la strada come l’ho trovata io ». E se ne andava soddisfatto delle sue conquiste. Una sera che ero andato ad attenderlo all’uscita dalla scuola mi venne incontro pacifico e sorridente e mi recitò a voce alta l’Ave Maria — che aveva imparata a memoria in italiano — incurante del chiasso di quella marea di studenti che si riversava sulle strade in cerca di divertimento e di svago.
Si avvicinava la data della sua partenza, ma gli sembrò che fosse troppo presto per ritornare in patria: aveva ancora troppo poca esperienza della nuova vita che aveva iniziato e vendette il biglietto di ritorno che aveva già acquistato e si cercò un modesto lavoro per prorogare di tre mesi il suo soggiorno. Cosí ebbe modo di perfezionare la sua istruzione religiosa e di far conoscere lo spirito della Mariapoli a molte altre persone. Decise di ricevere il battesimo nella Mariapoli perché voleva diventare cattolico in quello stesso clima che tanto lo aveva colpito alcuni mesi prima. Al momento di partire si accorse però di non avere il denaro sufficiente per il viaggio: venne a dirmelo un po’ preoccupato, temendo di dover rinunciare. Ma erano tante le persone che volevano bene a Sugil-An; non fu difficile risolvere quel problema.
Mentre, ormai pacifico e tranquillo per avere ancora una volta sperimentato cosa sia la carità, ringraziava tutti, mi pareva di scorgere nel suo viso la stessa dolcezza infantile con cui l’avevo osservato qualche sera prima sistemare in un vaso un mazzo di anemoni. Ognuno di quei fiori, egli diceva, era per lui un’opera d’arte di cui era grato all’artefice, che ora conosceva come verità e amore.
Alfredo Zirondoli Maras
Nota di Luca Tamburelli: esperienza raccolta da Maras probabilmente quando viveva a Parigi.