Riportiamo di seguito un breve articolo di Maras su Guglielmo Boselli, conosciuto da tutti come Guglia. La storia dei due è molto legata, infatti entrambi hanno fatto parte di quel famoso gruppo di studenti universitari di Milano che Ginetta Calliari andava regolarmente a visitare facendo conoscere loro l’ideale dell’unità. Questi erano: Oreste Basso, Piero Pasolini, Giorgio Battisti (Cari), Danilo Zanzucchi e naturalmente Maras e Guglia; particolare interessante, entrambi erano di Carpi. In seguito tutti quanti diventeranno dei dirigenti dell’Opera di primissimo piano. Parecchi anni dopo i due si sono ritrovati assieme in un focolare di Roma per un discreto numero di anni fino alla partenza per il Cielo di Guglia. Un focolare definito di Città Nuova perché Guglia ne era il direttore, Giuseppe Garagnani il capo-redattore, Michele Zanzucchi il giornalista, mentre Maras era nel suo periodo d’oro come scrittore di biografie con una decina di pubblicazioni in quegli anni.
Ecco quindi lo scritto che Maras ci ha lasciato alla “partenza” dell’amico:
Alto, snello, diritto. Da adolescente, da giovane, da uomo maturo. Sempre! Lo chiamavamo Guglia, e infatti tutto in lui parlava di dirittura, di altezze, di Cielo: il fisico e lo spirito. Il suo incedere e il suo stare, le sue parole e i suoi silenzi esprimevano nobiltà e suscitavano ammirazione, stima e simpatia.
Eravamo quasi coetanei eppure io guardavo a lui come a un modello, un esempio, un ideale che mi attiravano. Avrei voluto fare qualcosa per lui, ma non trovavo… Quando però conobbi quell’ “otre nuovo” che conteneva il “carisma dell’unità” – e fu per me un incontro con Colui che mi si manifestava come il “vino nuovo” per l’umanità di oggi – subito gliene parlai, sicuro che avrebbe capito. E infatti capì e lasciò beni, fidanzata, amici, un avvenire brillante per rispondere alla chiamata che già fu di Francesco e di tanti santi: “Va, vendi quello che hai…poi vieni e seguimi”.
Sono passati da allora più di 50 anni nei quali sempre siamo stati in contatto, legati in cordata con tanti, nella continua ricerca di “conquistare Colui dal quale eravamo stati conquistati”, anni nei quali l’ho visto svolgere molte attività, assumere compiti importanti, lavorare con impegno e la serietà di chi vuol fare bene, momento per momento la volontà di Dio.
Ma è più vero dire che l’ho visto fare una cosa sola, l’“unica cosa necessaria” che Gesù ha lodato in Maria di Betania: amare Colui che si è detto “la Verità”. “Fare il giornalista – mi ha detto un giorno – vuol dire far conoscere la verità, una verità che bisogna scoprire negli avvenimenti e trasmettere ai lettori, con tutto l’amore che questo travaglio a volte richiede nei confronti di Dio e nei confronti degli uomini, di tutti gli uomini, fatti a Sua immagine e somiglianza”.
In questo amore che è stato il “continuum” che ha legato tutta la sua esistenza l’ho visto “partire” con la serenità di chi “conoscendo già abbastanza come funziona questo mondo – mi aveva detto qualche giorno prima – è curioso di andare a vedere come funziona l’altro…”.
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