Ringraziamo il dott. Paolo Azzoni, in quel periodo oncologo all’ospedale di Bussolengo di Verona, per la preziosa e profonda esperienza che ci ha rilasciato.
Sono passati circa quindici anni dall’ultimo incontro con Maras; il tempo perciò toglie a queste mie righe di ricordi la sistematicità e l’ordine di un racconto… Sono squarci della memoria.
Restano comunque intatte e vive le immagini di episodi, circostanze, parole, anche se non tutte, che ci hanno condotto ad un’amicizia solida, fedele, disinteressata, aperta alla reciprocità del bene.
- Squilla il telefono. E’ sera.
“Dott. Paolo Azzoni? Sono Alfredo Zirondoli! Forse mi conosce meglio come Maras!”
“Ah, sì, certo! Ma tra fratelli ci si dà del tu!”
“Ma sì, è proprio così! Dopo l’incarico di Responsabile della scuola dei Focolarini a Montet, Chiara mi ha chiesto di seguire i sacerdoti legati al Movimento. Sono stato in Africa per incontrarmi con quelli di là ed ho conosciuto un po’ la realtà di Fontem, l’ospedale … . Qui vi lavora un giovane infermiere, Serge (nome di fantasia, come tutti quelli che compaiono in questo scritto ndr), che, proprio mentre ero lì, si ammala. Gli fanno una piccola operazione e … posso continuare? Ti sto prendendo troppo tempo?”
“No, va avanti”
L’esame istologico parla di un non ben precisato linfoma ma ad alto grado di malignità. Ha 16 anni, a Fontem non sono in grado di curarlo. Perciò l’ho portato con me in Italia. Pensa…i suoi genitori me l’hanno affidato con solennità, dicendo che ora sono io il suo padre. Là non danno i figli in mano a nessuno. Probabilmente ne ho conquistato la piena fiducia. Ora non so che fare, è questo il motivo della telefonata.”
“Ho capito”
Così ho conosciuto Maras, raffinato narratore, piacevole ad ascoltarsi, ma soprattutto uomo che, sulla Parola mi dimostrava di saper rischiare.
Sono oncologo ed un ricovero nel Reparto di cui sono responsabile é semplice, ma è l’ospitalità a Maras ed a Serge che non è scontata. Ne parlo con la Comunità di Bussolengo (Vr), e la famiglia M., che sempre si è resa disponibile in simili circostanze, accetta di ospitare Maras e Serge, quest’ultimo nei momenti in cui verrà dimesso ed avrà bisogno di cure domiciliari e convalescenza. Fra il resto i M. sono stati a lungo in Africa, perciò sanno come rapportarsi con gli africani ed hanno anche una figlia che conosce bene l’inglese. Insomma la sistemazione giusta. Così Maras arriva il giorno dopo; mi colpisce per la sua gentilezza sicura, per la figura “diritta”, signorile; é riservato ma non timido. E con lui Serge, sofferente e dignitoso, delicato e rispettoso.
All’indomani il ricovero. E’ prassi che i vetrini del preparato istologico, diagnosticati altrove, vengano letti anche dal mio Anatomopatologo, per conferma o meno della diagnosi formulata altrove. Ma questi sono illeggibili perciò decido di fargli asportare un altro linfonodo inguinale. Il giorno dopo arriva la diagnosi: Filariosi!!! Una malattia tropicale curabilissima.
Grande gioia per tutti e festa. Si inizia la cura che Serge proseguirà a Fontem e lo porterà a guarigione.
- Nei giorni di ricovero e di convalescenza di Serge, Maras, probabilmente reso sicuro dal nostro modo di procedere, ha cominciato a parlarmi della sua salute. Da alcuni anni era seguito da un medico del Movimento per epatite. Voleva che guardassi le sue carte e gli dessi il mio parere. Pur non essendo epatologo, accettai, ma guardai i suoi esami con un collega epatologo. Giungemmo ad una conclusione che gli comunicai. Nel valutare i suoi documenti mi accorsi però che un esame, probabilmente dubbio anni prima, all’ultimo controllo era diventato francamente patologico, evidenziando un quadro conclamato di malattia ematologica maligna. Sapendo della nuova diagnosi provò sorpresa e soprattutto una profonda delusione verso il medico che lo aveva seguito, ma non ne parlò male. Decise di iniziare indagini e cure, ma da me, dopo aver avvisato Chiara ed averne ricevuto il consenso. Così cominciò, dopo il primo ricovero destinato a confermare la diagnosi ed iniziare le cure, il suo accesso periodico al mio Day Hospital, ogni tre mesi. Da qui la nostra amicizia e conoscenza reciproca.
- Man mano che proseguivano gli accessi al D.H. si allargavano anche le sue conoscenze nella nostra Comunità. Venne ospitato anche da Carla, che ha una bellissima villa sulle colline. Gli preparò una camera molto spaziosa, autonoma anche nei servizi, in cui Maras allestì pure lo studio ove poté proseguire il suo lavoro di biografo di persone importanti dell’Opera, appena partite per il Cielo. In quella stanza, ogni pomeriggio tardi diceva messa, e in molti vi partecipammo. Carla viveva una realtà familiare difficile, sull’orlo della separazione, ma la confidenza che acquisì piano piano con Maras, le sue parole, soprattutto il suo amore le faranno capire che era ancora una persona importante, che poteva ancora sperare e vivere. Isabella, da me fatta incontrare con lui, trovava invece in Maras un confidente, un consigliere, e risposte convincenti alle sue difficoltà spirituali ed esistenziali. In pratica gli feci incontrare sia i miei familiari che ogni mio amico o amica, perché ritenni che fosse un dono incontrarlo. Lui non si rifiutava mai a nessuno mettendo in luce quel particolarissimo e specifico suo “essere” formatore di coscienze.
- Partecipava alla vita del focolare (ritiri, incontri settimanali, …), ma preferiva alloggiare da Carla. Voleva stare con la gente. Nel focolare fece venire alcuni focolarini in crisi, da ogni parte. Nel focolare dava il suo contributo di sapienza e cultura, come quando ad un ritiro ci incantò tutti facendo una comunione d’anima su Maria come viene cantata nel Paradiso di Dante e come l’aveva incontrata lui la prima volta nell’Eucarestia.
- Talvolta Maras, prendendo spunto da situazioni che stavamo vivendo, mi raccontava aneddoti di vita vissuta da lui, con Chiara o le prime pope. Non faceva commenti. Me li metteva lì, come dono.
Avevo intuito che Maras aveva passato delle prove “robuste”. Gliene accennai senza volerne sapere il ”contenuto”, né lui me lo spiegò, però dopo un attimo di silenzio mi disse: ”Chiara una volta, ad uno di noi che diceva di essere nel buio, che stava passando una notte oscura dello spirito, intervenne con decisione –Macché notte dello spirito, ricordati e ricordatevi tutti, sarò io per ciascuno di voi la vostra notte!-”
Pur non giudicando mai, era consapevole di qualità e difetti di quanti incontrava. Soprattutto i medici che non facevano il loro dovere lo scandalizzavano, per cui, prima di entrare in sala operatoria per un intervento, volle assicurarsi che ci fossi anch’io a controllare quel tal collega che non gli ispirava fiducia.
Prima di un altro intervento mi aveva affidato l’incarico di controllare se la sala operatoria fosse stata fredda. Lui soffriva molto il freddo. Non so perché ma non lo feci. Quando mi chiese conto dell’incarico affidatomi e gli risposi che non l’avevo fatto, mi disse in modo molto serio, che non si sarebbe sottoposto all’intervento se prima non gli avessi detto com’era la sala operatoria. Così facendo mi sentii di non essere stato responsabile fino in fondo della sua salute e rimediai subito. Capii che la carità è esigente, non è superficiale!
- Maras era senz’altro uno “spirituale”, ma uno “spirituale concreto”. Sapendo che stavo scrivendo un libro sull’eutanasia e le sue problematiche, si diede da fare con Città Nuova perché venisse visionato e pubblicato. Un’altra volta, dovendo andare a Roma per un concorso ed avendogli io espresso il desiderio di essere ospitato in focolare fece in modo che mi accogliesse il focolare di Roma-Eur e lui stesso mi accompagnò e restò a cena perché mi ambientassi. Sentendo con la sua particolare sensibilità la mia anima mi fece dono di tutti i discorsi tenuti da Piero Pasolini dal’78 all’81 a Loppiano: un tesoro inimmaginabile che ho messo a disposizione del focolare e di tutti i focolarini e che ancora oggi viene considerato fondamentale per la nostra vita Ideale.
- Maras, come detto, era stato destinato da Chiara a scrivere biografie dei primi Focolarini che erano partiti per il Cielo, perché restassero vivi fra noi. Era uno scrittore raffinato e scandiva il racconto avvincendo i lettori. Ne fece molte, una più significativa dell’altra. Chiara prima le leggeva e poi dava il consenso per la loro pubblicazione. E’ memorabile la citazione che fece ad un Collegamento della sua biografia di Piero Pasolini. Comunque è importante sapere che ogni sua biografia ha il “certificato di qualità” della revisione di Chiara!
- Maras era un modello di comunione e riservatezza. Così in lui coincideva il non avermi mai spiegato il suo nome (né io glielo chiesi mai!) con la concretezza dell’amicizia che sapeva condividere le preoccupazioni dell’altro, le mie incertezze. Fino al punto di accompagnarmi ed assistere ad un importante convegno, che mi faceva un po’ paura, perché ne ero oratore principale su una ricerca clinica innovativa e quindi possibile bersaglio di numerose domande.
- Aveva una profonda e continua unità con Chiara, da figlio a madre. A lei che gli chiedeva di studiare teologia, per completare gli studi, dopo un anno di intenso studio, aveva detto che era stato terribile: non riusciva a ricordarsi ciò che studiava … ed allora Chiara gli aveva detto di studiare sì, ma senza fare esami. Deve avergli parlato a fondo anche di me, perché una volta che ho potuto incontrare Chiara e presentarmi, dopo un attimo di sospensione ha esclamato: “Ah, sì. Grazie Paolo per quanto fai per i primi popi e le prime focolarine”. Mi aveva messo a fuoco sulle parole di Maras a mio riguardo.
- Gli ultimi due anni stava parecchio male, ma ciononostante continuava a lavorare, scrivere, raccogliere testimonianze, che ha raccolto in un libro ed in un DVD, per presentare la causa di beatificazione della mamma Albertina. A me che gli consigliavo prudenza rispondeva: “Paolo, ho ancora poco tempo, se non faccio io questo lavoro, chi potrà poi presentare alla Chiesa la vita di Albertina?”
- Andai dunque in pensione un anno prima della sua morte. Fu difficile per Maras, perché i medici che mi sostituirono non ebbero con lui quell’unità a tutta prova sperimentata con me … e così continuava a tenermi aggiornato sulla sua salute (fino a pochi giorni prima della morte), a chiedermi conferme alle cure che stava facendo, a chiedermi pareri su ulteriori possibilità terapeutiche. E lui riferiva tutto ciò che gli dicevo al curante del momento e chiedeva che venisse seguito alla lettera.
- Uno degli ultimi colloqui. “Tu sei bravo a scrivere-gli dissi scherzosamente, ma non troppo- se muoio prima io mi farai tu una biografia?”. “Sì-mi rispose- ma se muoio prima io, come è probabile, sarai tu Paolo, a farmela!”. Parole che ora hanno il sapore della profezia.
Paolo Azzoni Verona, 27.05.2020