Meditazione sul Vangelo di Maras Alfredo Zirondoli
PREMESSA
Quella che segue è una trascrizione da una meditazione di Maras sul Vangelo del giorno. Si tratta quindi di una trascrizione di un parlato che espressamente non abbiamo voluto cambiare per rispetto dell’autore ben sapendo che al lettore richiederà un supplemento di attenzione. Maras in queste conversazioni, partiva dalle letture del giorno e le commentava direttamente senza nessun altro supporto se non il Vangelo e l’attenzione di chi ascoltava.
“Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, notò che c’era una barca sola e che Gesù non era salito coi suoi discepoli sulla barca, ma soltanto i suoi discepoli erano partiti. Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberiade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Trovatolo di là dal mare, gli dissero: ‘Rabbi quando sei venuto qua?’. Gesù rispose: ‘In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillò. Gli dissero allora: ‘Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?’. Gesù rispose: ‘Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato’“. (Giov. 6, 22-29)
Cosa vuol dire “credere”
Il senso dei miracoli di Gesù era che, ad esempio, lui moltiplicava i pani, ma per arrivare poi a dire questa cosa: che non gli interessa tanto moltiplicare i pani, perché, dopo, la folla ha fame di nuovo, ma a Lui interessa darle un cibo che non finisce, che è sempre valido, e un cibo, che solo il Figlio dell’Uomo può dare: cibo eterno, le parole di vita eterna.
“Mi avete cercato perché avete mangiato; però cercatemi per procurare quel cibo che solo io posso dare”. Gli domandarono: “Cosa dobbiamo fare?”. “Credere in colui che mi ha mandato” e che Egli ha mandato.
Questa frase va vista in tutto l’insieme, perché credere non vuol dire soltanto credere, ma conformare tutta la propria vita sull’esempio di colui che parla. Ora colui che Dio ha mandato è Gesù. Credere in Gesù vuol dire conformare tutta la vita sull’esempio e sull’insegnamento di Gesù. E questa è l’opera di Dio; quindi non c’è nient’altro da fare: basta questo. Per arrivare qui ci saranno tante avventure. Bisognerà cercarlo Gesù, prendere la barca e vedere dov’è; bisognerà anche mangiare il cibo materiale che lui dà, quindi sentirne la fame e poi vedere il miracolo dei pani. Però, solo per arrivare qui, per conformarsi, per essere uno con Gesù, nel percorso di questa vita, ci saranno tante domande alla ricerca di Gesù.
Facciamo la nostra parte affinché Gesù si manifesti
“Come mai sei qua? Dov’eri prima? Ti abbiamo cercato”. Ci saranno tante iniziative: tutto ciò che fa parte della vita umana e che impegna continuamente tutte le nostre energie, l’intelligenza, le forze anche alla ricerca di Gesù, perché Gesù bisogna scoprirlo ogni momento. Egli vuole essere scoperto e si manifesta sempre in un prossimo, in una circostanza, ma se non facciamo la nostra parte, lui non si manifesta e perciò noi non facciamo l’opera di Dio, perché non crediamo che Lui è nel fratello, nell’Eucaristia, nel Vangelo, nella Chiesa, in fondo a noi che ci parla con la sua voce sottile. Ma, per credere, bisogna sentirla questa voce sottile e quindi bisogna far silenzio di tutto il resto, perché altrimenti non si sente. Bisogna essere pronti, disponibili, perché la grazia passa. E’ la grazia dell’Attimo Presente: se noi non prendiamo questa grazia, essa non c’è più. E’ Gesù che passa, che parla in quel momento e se noi non ascoltiamo, quella cosa non ce la dice più; forse la dirà dopo in un altro contesto, però non così come l’aveva detta prima, non per quel momento in cui noi dovevamo sentirla. Ecco perché è tanto importante quello che Chiara dice: di stare attenti a vivere veramente quello che Gesù dice: “Rinnega te stesso ogni giorno … Chi non prende la sua croce e non mi segue, non può essere mio discepolo”. Cioè non può ascoltare le mie parole, non può mettere in pratica i miei insegnamenti, se lui non è vuoto, rinnegato, se non è cioè in atteggiamento di libertà, quella libertà che viene dalla morte di tutti i propri desideri, egoismi, istinti e passioni. Che ci sono sempre. Non è che andando avanti col tempo e con l’Ideale le cose migliorano, anzi sono sempre le stesse. Proporzionatamente più forti sono le grazie più forti le croci, più la luce, più la tentazione di giudicare in base alla luce avuta, ecc.
Evitiamo tanti dolori, cioè… tante grazie!
Quindi è necessario questo rinnegare se stessi ogni momento per essere liberi da tutto quello che c’è in noi, proprio per poter ascoltare liberamente la voce di Dio che parla. Perché se la voce di Dio parla e ci chiede un sacrificio sempre, se allora noi non siamo liberi, non l’ascoltiamo, non ci piace, la mettiamo nel conto di tante cose… Questa cosa non è cosciente e, se non stiamo attenti a fare un’ascetica continua di rinnegamento di noi, incoscientemente, in maniera automatica, quasi come un riflesso, noi eliminiamo delle cose, come l’occhio si chiude quando c’è un qualcosa che vi sta entrando, ed esso si chiude per eliminare questa cosa. Io non sono cosciente che l’occhio si chiude; così di fronte al dolore io non sono cosciente, però lo evito. E siccome Dio parla sempre col dolore, automaticamente, io in perfetta buona fede, arrivo alla sera che ho evitato tanti dolori, cioè tante grazie, ho evitato tante parole che Dio voleva dirmi e che non ho ascoltato perché per un riflesso le ho eliminate.
Questo se io sono abituato a cercare sempre me stesso; se invece sono abituato a non stare bene, sono aperto e allora mi arriva tutto. Quindi “piglio tutti i colpi”. Siamo più sensibili di tutti, più vulnerabili ai colpi spirituali, morali, alle mancanze di carità, di sensibilità, di educazione. Tutto ci ferisce. Siamo infatti aperti e perciò ci arriva tutto: ma questa è proprio una grazia, è la condizione per poter ascoltare Gesù e fare l’opera di Dio, cioè credere a Lui che Dio ha mandato, conformandoci completamente alla sua vita, di Lui che era così sensibile, delicato, attento, che soffriva più di tutti gli altri uomini.
Un lavoro ignoto, sconosciuto agli altri
Non spaventiamoci, se va sempre più progredendo la sensibilità, che vuol dire dolore, ma anche grazia, gioia, luce. Perciò tutte le nostre energie le spendiamo a cercare Gesù, nel rinnegare noi stessi: questo è il nostro lavoro, che ci impegna completamente, che ci stanca e che poi è un lavoro ignoto, sconosciuto agli altri. Non possiamo dire agli altri: Noi rinneghiamo noi stessi. Noi diciamo loro: Costruiamo la città, questo è il lavoro per gli altri. Noi soffriamo. Per gli altri la sofferenza non è un lavoro. Invece far l’opera di Dio vuol dire proprio questo. E si capisce che il nostro linguaggio è incomprensibile al mondo, però anche il linguaggio del mondo lo è per noi: perché è proprio una pazzia quello che il mondo fa: si dà continuamente valore a cose che non lo hanno e non lo si dà alle cose che hanno valore.
L’unica cosa eterna è la vita di Cristo
“Procuratevi il cibo che dura per la vita eterna, quello che il Figlio dell’uomo vi darà”. Non dice: quello che ci ha dato, ma che ci darà. Quando Gesù è morto, morendo ci ha dato il cibo, il suo corpo, l’Eucarestia. Cercate la mia vita: questo è il cibo che non finisce. Il resto finisce tutto. Noi ci nutriamo non solo di pane, ma di sensazioni, di bellezza estetica che ci riempie gli occhi, di un clima bello che ci riempie i polmoni: anche questo è un nutrimento. Anche questo passerà, passerà tutto; è tutto passeggero, relativo. L’unica cosa eterna è la vita di Cristo, che è al di là del clima, del lavoro, della salute, dell’intelligenza e della cultura. La vita di Cristo è tutta un’altra cosa, al di là della bellezza, della giovinezza: e noi dobbiamo cercare questa vita.
Cose che hanno sostituito la vita di Cristo
Quante cose ci sono nella Chiesa, correnti di pensiero, opere, idee teologiche, strutture anche; quante attività: l’ecumenismo … e tutte queste cose dovrebbero essere la vita di Cristo, coperte di ecumenismo, di … destrismo, sinistrismo, innovazioni, conservatorismo. Importante è che sia vita di Cristo, vestita di queste cose. La cosa terribile è quando queste cose hanno sostituito la vita di Cristo: esiste la destra, la sinistra; un’idea teologica e non c’è più la vita di Cristo. Tutto il nostro gioco è lì.
Ci vuole la vita di Cristo, poi uno la esprime in modi diversi. Importante è che sia vita di Cristo, altrimenti restano strutture senza Cristo, idee non cristiane e allora è tutto un mondo falso, sbagliato, che non resterà. Dobbiamo fare una scelta nuova di Gesù e del suo Vangelo, della sua vita, del suo modo di fare e di parlare. Anche se poi questa vita si può esprimere in modi diversi, che bisogna mettere in unità con un altro lavoro da fare. Però se è vita autentica, si trova il modo di fare unità. Invece se queste cose esterne non sono vita, se l’ecumenismo diventa un pretesto per stare più comodi o per mettersi in vista, non è più vero niente. La diplomazia è vera se è espressione della carità, del Vangelo, altrimenti è una cosa terribile.