Continuiamo la presentazione della figura di Paolo Bampi riprendendo i testi pubblicati su una brochure dal semplice titolo “A Paolo”, a cura dei Gen (1) di Trento nel 1981 per ricordarlo nel 10° anniversario della sua partenza per il Cielo. Anche in questa occasione non siamo intervenuti. Anche in questa occasione non siamo intervenuti, al fine di conservare integralmente il loro contributo. La prossima settimana prevediamo di pubblicare la sua toccante esperienza raccontata nella Mariapoli di Merano del ’71, pure questa pubblicata nello stesso documento.
(1) GEN (GEnerazione Nuova) sono i giovani, la seconda generazione, del Movimento dei Focolari.
INTRODUZIONE
Paolo Bampi se ne è andato 10 anni fa. Il tempo non ha fatto altro che accrescere il desiderio di conoscerlo e farlo conoscere. Paolo è stato uno dei primi Gen di Trento ed “ha pagato di persona” lo sviluppo del Movimento Gen avvenuto in questi anni. Il 1° maggio del 1971 si è svolto a Loppiano (Firenze) il primo incontro internazionale dei giovani che poi è scaturito nei successivi Genfest. In quella occasione Paolo vi ha partecipato con una sua canzone (XX secolo). Pochi mesi dopo “se n’è andato” offrendo la sua vita per i Gen. Il Movimento Gen in questi anni si è sviluppato come un grande albero. Ma perché? Perché ci sono radici nel cielo e Paolo è una di queste. Con queste pagine vogliamo dire: GRAZIE PAOLO!
I GEN di Trento
UNA NORMALITA’ ECCEZIONALE
Paolo è il primo di tre fratelli, Franco e Claudio; Aldo, il papà, lavora di notte e gli rimane poco tempo libero mentre Licia, la mamma, è tutta dedita all’educazione dei figli. Una famiglia semplice e unita. Il carattere di Paolo è mite e fermo. Sul suo volto aperto ed intelligente regna il sorriso. Con la sua chitarra sa riunire quanti sono attorno a lui con allegria e, se tutti lo amano, è perché sa essere amico di tutti. Ancora oggi non riusciamo ad immaginare qualcuno che non gli sia stato amico.
A quattordici anni, improvvisamente, avviene il primo ricovero in ospedale: leucemia. Ne era affetto da due anni ma lo si scopre solo ora. Iniziano così per Paolo quattro anni di sofferenze, ricoveri, analisi e trasfusioni… Paolo è pienamente cosciente della sua situazione eppure continua a vivere facendo quello che ogni ragazzo della sua età farebbe: pattinare, sciare, andare in bicicletta… Chi lo vedeva non poteva sospettare che quella apparente normalità nascondeva una situazione molto grave. Ma questa “normalità” nascondeva qualcosa d’altro: aveva nove anni quando conobbe i primi Gen di Trento; per lui non fu un semplice incontro con dei ragazzi ma con uno “stile di vita”, quello del Vangelo. Per Paolo fu una scoperta graduale ma travolgente.
L’UMORISMO DI CHI AMA
Dopo il primo ricovero in ospedale, le analisi, le trasfusioni e i controlli medici si facevano via via sempre più frequenti. La situazione diventava sempre più grave. In ogni momento poteva arrivare l’emorragia ed essere l’ultimo, ma pur con questo pensiero, la sua serenità rimaneva costante e mai gli è venuta a mancare la gioia di vivere. Era poi davvero un “artista” nello sdrammatizzare anche le situazioni più delicate, soprattutto con i familiari ai quali non mancavano motivi di ansia. Quello che passava dentro di lui in questi momenti non possiamo saperlo, sta di fatto però che chi gli stava accanto non ricorda un volto abbattuto o sconfortato, ma ricorda le sue battute prima di una trasfusione o altro, tipo: “Cosa vuoi che siano questi quattro buchi che mi fanno!”.
C’è una lettera del ’69 che Paolo scrisse ad un amico di Padova, Elfio, anche lui gravemente ammalato e morto un anno dopo, che ci rivela la profondità del suo “buon umore”: “Carissimo Elfio, ti ricordo sempre e specialmente quando eri in ospedale perché vedevo in te la figura di Gesù sofferente…pregavo per te affinché le tue sofferenze si alleviassero. So che aiuti tanto con il tuo dolore e te ne sono grato, anche perché aiutavi anche me quando ero in ospedale; mi aiutavi a sopportare, amare tutti, anche i medici quando venivano a “bucherellarmi” con varie trasfusioni ed affini…Non mi hai mai fatto perdere il buon umore, che sono sicurissimo hai pure tu. Ciao”
Il dolore andava approfondendo con Dio e – di pari passo – il suo rapporto con i Gen che si recavano a trovarlo. Non erano visite di cortesia o di semplice amicizia ma “incontri” autentici che toccavano il profondo, incontri tutti illuminati dalla realtà di Dio-Amore sullo sfondo del dolore. Il penultimo ricovero di Paolo avvenne all’ospedale di Modena nel marzo ’71. Leonardo, un focolarino di Trento e amico di Paolo andò a trovarlo. Rimasero insieme per un’intera giornata. Fu un incontro di fuoco come testimonia questo stralcio di lettera scritto da Paolo, subito dopo ad un’amica: “Oggi è stato qui Leonardo, un focolarino. Abbiamo parlato tanto. Sai se io sono qui ora, dobbiamo ringraziare Dio, per questa grazia, dobbiamo ringraziarlo perché se ci fa simili a Lui vuol dire che siamo Suoi amici intimi, e che vuol darci qualcosa che premia l’aver portato la nostra croce, perciò il nostro dolore ha uno scopo, serve a qualcosa”. (marzo ’71)
Più tardi, verso la fine di aprile, tornato a casa, Paolo era visitato spesso da Leonardo e Mauro, un ragazzo conosciuto da poco. Fu in questo periodo che compose “XX secolo”, la canzone che dal palco del 1° maggio ’71 di Loppiano si diffonderà poi in tutto il mondo. (Il testo della canzone è riportato nel primo contributo dedicato a Paolo pubblicato su questo blog)
PRIMO MAGGIO ’71 a LOPPIANO
La vita di Paolo è come un cristallo: preziosa e fragile. Basta un niente ed arriva l’emorragia. Eppure non vuole rinunciare a partecipare al primo incontro internazionale dei giovani a Loppiano, una cittadella a lui molto cara. Parte insieme agli altri Gen, lo aspetta una esperienza molto forte, universale. Sul palco presenta la sua canzone che riecheggia in quell’anfiteatro naturale che sembra contenere, in germe, tutti i popoli della terra.
Tutto è andato bene, il cristallo non si è incrinato, forse – come poi dirà – per “raccomandazione”. Al ritorno c’è la scuola, Paolo vuole mettercela tutta per terminare la III geometri. “Ma Paolo – gli diceva il medico – lo sai che la tua vita è come una campana di cristallo…basta un piccolo urto per frantumarla…!” e Paolo col suo sorriso: “Si, si, lo so, ma voi dottori non potete far niente di più di quanto già fate e l’emorragia si ferma solo…” e con l’indice e lo sguardo gli indica il cielo. E il cielo permise che finisse la scuola, e bene: promosso con una piccola borsa di studio. Eppure aveva fatto circa quattro mesi di assenza. La scuola si è conclusa, ma nell’anima di Paolo è ancora viva l’esperienza del 1° maggio. In una lettera scritta a Maras, responsabile della cittadella di Loppiano, scrive:
“Ciao Maras, devi scusarmi tanto se solo ora mi decido a scriverti. Ma credimi, ti sento sempre tanto vicino… Ora la scuola è finita da una decina di giorni e fra poco andremo in villeggiatura… Sai che quei giorni trascorsi assieme sono passati come un fulmine: erano talmente pieni, che sono volati. E’ stato veramente tanto bello, che per passare dei giorni simili, bisogna proprio avere una raccomandazione speciale di Gesù, non credi? Io si!”…
Grazie di questa esperienza…Quando sono andato a Loppiano, nel ’73, Maras parlava spesso di Paolo….Lui é ‘rimasto’, come Aurelio, Chiaretta……Uno per tutto e, contnuate a mandarci queste perle…..
Grazie a te, speriamo di trovarne tante altre…