Premessa*
“Giacobbe rimase solo, e uno sconosciuto lottò con lui fino allo spuntar dell’alba. Quando costui vide che non poteva vincere Giacobbe nella lotta, lo colpì all’articolazione del femore, che si slogò, e disse: – Lasciami andare perché già spunta l’alba. Giacobbe rispose: – Non ti lascerò andare se prima non mi avrai benedetto. Quello chiese: – Come ti chiami? – Giacobbe, – egli rispose. L’altro disse: – Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché tu hai lottato contro Dio e contro gli uomini e hai vinto. Giacobbe gli domandò: – Dimmi, ti prego, qual è il tuo nome? L’altro gli rispose: – Perché mi chiedi il mio nome? – e diede la benedizione a Giacobbe. Giacobbe disse: “Ho veduto Dio a faccia a faccia e non sono morto!”. Perciò chiamò quel luogo “Penuel” (A faccia a faccia con Dio). Il sole stava sorgendo quando Giacobbe, zoppicando all’anca, lasciò Penuel” (Gen. 32, 25‑31)
1a parte
Dio appare sotto forma di uomo a Giacobbe, lotta con lui e non riesce a scappare se non facendolo zoppo. Infatti, Giacobbe non Lo lascia e gli dice: “Non ti lascio, finché Tu non mi benedirai”.
Giacobbe aveva sentito che quest’uomo era Dio, l’aveva capito, anche se in maniera un pò vaga, l’aveva sentito dalla forza e dall’amore che aveva per quest’uomo con cui pure combatteva e con cui voleva trovare un rapporto, voleva fare unità.
E l’unità è sempre una lotta, una conquista e Dio si lascia vincere anche se resta il più forte, gli lascia un segno, gli dà la benedizione: gli cambia il nome, gli da il nome di un popolo e la benedizione vuol dire: “sarai un popolo, non più una persona, ma un popolo” e poi sparisce e l’altro rimane segnato, ha vinto ma è zoppo, ha avuto la benedizione per se e per tutto il popolo che verrà dietro di lui, ma è zoppo.
E tutto il popolo ricorderà questo fatto, questo dolore, legato alla benedizione, frutto di una lotta e di una vittoria ed allora il popolo rispetterà anche negli animali questo nervo che è stato toccato da Dio.
E’ una sorpresa applicare questo fatto alla nostra vita.
Dio ci ha chiamati, amati, conquistati, perché eravamo lontani e questo a Luì è costato.
Gesù ha gridato l’abbandono per noi ed allo stesso modo noi dobbiamo conquistare Dio.
Dice S. Paolo: “Io corro per conquistare Colui dal quale sono stato conquistato”.
Ogni esistenza corre per trovare un rapporto con Dio, per conquistare questo dialogo che Dio ha già cominciato, per fare una lotta, fatta di dolore, di forza, di potenza. Lotta però che è amore, è un rapporto fino in fondo, è un rapporto che bisogna cercare di notte, cioè nei momenti di oscurità.
Bisogna essere proprio decisi a non lasciare Dio e questo Dio appare sotto forma di uomo. E noi dell’unità sappiamo molto bene che Dio è Gesù, e Gesù è una persona con la quale noi vogliamo trovare un rapporto. E’ una lotta, una conquista e bisogna continuarla tutta una notte ed alla fine si resta marcati, feriti.
Dio è più forte, però da Lui si riceve anche la benedizione cioè l’altro, col quale noi abbiamo cercato l’unità, ci sente uniti, ci ha detto qualcosa nella verità, che fa male, ci ha distrutto, ma noi abbiamo continuato ad andare avanti, avanti… Alla fine ci cambia il nome, ci benedice e benedice le nostre opere, sente uniti noi e tutte le opere che abbiamo fatto e tutte le persone che sono unite a noi.
Però, per fare unità ci vuole un combattimento, a lungo; fatto di tante proposte che magari non raggiungono lo scopo (in un combattimento si fanno tante mosse che in effetti non sono utili e poi magari se ne fa una utile, anche se tante vanno a male); si pigliano tanti colpi, qualcuno lo si dà anche e qualcuno ferisce al punto che uno può rimanere marcato per tutta la vita.
Tutti noi abbiamo delle ferite che sono poi le nostre glorie …
E così si capisce perché in cielo le cicatrici di Gesù sono luminose, perché i punti della Crocifissione sono ferite e luce: è la Sua gloria. E se ciò lo applichiamo alla nostra vita quotidiana c’è tantissimo in comune.
Quindi c’è tutto un combattimento, fatto di tanti colpi, di tante ferite; però l’importante è che, nonostante le ferite, uno tenga ben stretto Dio, lo cerchi di tenere anche se gli fa male, anche se ad un certo punto si sente ferire, però “non lascerò finché non mi benedirai”, “finché tu non mi senti unito io non ti lascio stare, quindi fammi dei rimproveri, finché vuoi, tutti i giorni, più volte al giorno, però io voglio l’unità con te”.
Questo non è che bisogna solo dirlo, ma bisogna farlo. Alcune volte ci benedirà anche, qualche altra no, ma l’importante è farlo sempre.
Questo è l’atteggiamento per trovare l’unità con chi dobbiamo farla: tendere sempre lì, fare tutto per arrivare lì. Però per arrivarci l’altro dirà “no”, “aspetta”, “non ho tempo”, “non mi piace”, “non sta bene”, …
Poi, dopo, l’unità scatta ed allora si riconosce chi è questa persona, da come ha amato; da come ha sofferto e ci si fida di lui e di ciò che dice. E se dice che una persona che ha conosciuto è un focolarino gli si crede, mentre all’inizio non si credeva in niente di ciò che diceva, perché non si credeva nemmeno in lui.
Una purificazione terribile
E in questo terribile combattimento che noi facciamo c’è tutta una purificazione terribile, una purificazione nella fede (per questo nel brano parla di notte), perché vengono tante tentazioni; non si vede più niente e l’altro appare un uomo, non è che appare Dio.
E viene la tentazione di dire “non è che un uomo”, “può sbagliare, anzi sbaglia certamente”, “è pieno, di difetti, più di me” e vengono in mente tante frasi umane “un uomo vale come un altro uomo e forse un po’ di più”. E allora perché devo fare di tutto per conquistare una persona che vale come me? Perché devo concentrare la mia intelligenza, la mia volontà, la mia fantasia per rendermelo accetto? Come se dovessi conquistare una persona che vale di più! Mentre so che vale di meno e non s’accorge di quanto bene che io le voglio e di quanto bravo io sono, non mi vede…
Deve succedere un miracolo, e questo succede con la sofferenza
Questo combattimento può durare tutta una notte, fino all’aurora, o può essere breve; ma l’importante è che vi siamo preparati e dobbiamo viverlo con ognuno, a tutti i livelli, con sforzo.
Sembra facile, ma non lo è, all’inizio sembra facile. Con altre persone non è facile perché non sono tutte Chiara Lubich. E poi non all’inizio, ma alla fine ci si accorge che è difficile con tutti, perché non siamo su di un piano umano, siamo su di un pieno soprannaturale; quindi deve succedere un miracolo, e questo succede con la sofferenza.
Dio, che è l’altra parte, si è fatto uomo per patire; e ha patito quindi anche Lui. Adesso però la Sua parte è finita, ora c’è la nostra parte e sentiamo solo quella, ci ricordiamo che Gesù ha sofferto, però ora Gesù non soffre più, soffriamo noi in questo combattimento per conquistare questo Dio che appare uomo, magari in un responsabile di focolare, in un responsabile dei lavori, in un responsabile anche civile.
Ad esempio anche il direttore dell’ospedale dove lavoravo, dovevo conquistarmelo e non importava se lui era pieno di difetti, se non aveva la fede, se mi chiedeva delle cose impossibili. Però io dovevo conquistarmelo, salvando la verità, l’unità col focolare: io andavo in focolare anche quando lui voleva che io andassi in ospedale. Dopo mi pigliavo una ramanzina ed aveva ragione a farlo ed io gli facevo unità veramente, perché aveva ragione, perché dal suo punto di vista aveva ragione. Dicevo la verità quando dovevo dirla, se una cosa che lui mi chiedeva non era morale, non era buona, io gli dicevo “non è buona”; però alla fine io dovevo trovare un modo per conquistarlo ed infatti è stato così.
I cristiani sono sempre stati rispettati dai capi degli stati
E questo è sempre stato vero nel campo civile: infatti i cristiani sono sempre stati rispettati dai capi degli stati. Magari li hanno uccisi, come Erode ha ucciso Giovanni Battista, ma lo rispettava, lo stimava; poi dava fastidio e l’ha fatto fuori, ma lo rispettava.
Questi capi di stato non li hanno mai disprezzati, hanno però cercato di farlo, ma non ci sono riusciti. Al tempo dei primi cristiani a Roma hanno cercato di ridicolizzarli, trattandoli come plebe, come stranieri o come ebrei; anche se perfino dal tempo di Marc’Aurelio c’è stato S. Giustino, che non era certo un plebeo od un ignorante, ma una persona che sapeva molto ben parlare e discutere di filosofia.
Ora se ciò è vero in campo civile, tanto più lo è per noi in campo religioso.
Noi siamo una famiglia religiosa e dobbiamo allenarci, prepararci, avendo ben chiara quest’idea: per trovare l’unità, dobbiamo conquistare “quella” persona.
Prima, quando eravamo nel mondo, se volevamo conquistare qualcuno, trovavamo tanti sistemi: come si chiama, quando è il suo compleanno o il suo onomastico, quali frasi gli diciamo o, se è una ragazza, quale profumo le piace, che divertimenti gli piacciono, ecc…
Ora se tante cose si fanno per diplomazia (e ciò che non è fatto per la carità, non mi permetterà mai di conquistare “divinamente” una persona, forse umanamente), tanto più noi dobbiamo conquistarci divinamente. E’ il divino che deve far presa sull’altro, è nel divino che noi ci conosciamo, aiutandoci con tutte queste cose umane, che sono come una strada.
In maniera analoga all’umano: se io umanamente faccio così, qualcosa di simile dovrò fare sul piano divino.
*PREMESSA
Quella che segue è una trascrizione da un commento di Maras al Vangelo del giorno. Si tratta quindi di una trascrizione di un parlato che espressamente non abbiamo voluto cambiare per rispetto dell’autore ben sapendo che al lettore domanderà un supplemento di attenzione. Maras in queste conversazioni, partiva dalle letture del giorno e le commentava direttamente senza nessun altro supporto se non il Vangelo e l’attenzione di chi ascoltava.
1) Paolo Azzoni, autore di questi acquerelli e di quelli che seguiranno nella seconda parte della meditazione, si è ispirato proprio a questo brano delle scritture.
Caro Luca, sai che non so cosa scrivere questa sera? Sono stato precipitato nell’abisso “luminoso” di un nuovo combattimento. Non devo aggiungere altro ora, ma ritornerò ………….sento MARAS che mi prende per mano. Non avevo avuto l’occasione di incontrarlo, ma molti del popolo ne parlavano e lui è entrato in me, fino a rivelarsi anche a me ” SOPHIA” in questo momento della mia vita,
GRAZIE DEL TUO/VOSTRO LAVORO! in CHIARA, 1 giovanni bertodo
Grazie Giovanni,
Maras è un tesoro.
1, Luca