26 bis– Meditazione di Maras sulla parabola dell’erba cattiva

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*PREMESSA

Commento di Maras al Vangelo di Matteo 13,24-30: “Poi Gesù raccontò un’altra parabola: – il regno di Dio è come la buona semente che un uomo fece seminare nel suo campo. Ma una notte, mentre i contadini dormivano, un suo nemico venne a seminare erba cattiva in mezzo al grano e poi se ne andò. Quando il grano cominciò a spuntare e a formare le spighe, si vide che era cresciuta in mezzo al grano anche erba cattiva – I contadini gli domandarono: – Vuoi che andiamo a strapparla via? – Ma egli rispose: – No! Perché così, rischiate di strappare anche il grano buono insieme all’erba cattiva –.

 Continua dalla meditazione n. 26

…Se noi siamo realisti, se noi abbiamo la situazione reale, ci viene dentro un senso di riconoscenza grandissima per Dio, di gratitudine e anche una forza per prendere le situazioni così come sono e amarle, non dico di cambiarle, perché è Dio che le cambia, noi basta che le amiamo e naturalmente l’amore trasforma, però non amarle per cambiarle, ma amarle perché Dio è amore e se siamo figli di Dio dobbiamo amare come Lui che è amore. E questo allora è difficile. Ci sono dei momenti nella vita in cui è più facile perché abbiamo più grazie, quando siamo piccolini, dei momenti in cui abbiamo meno grazie perché siamo un po’ cresciuti. Anche nella vita spirituale, nell’inizio ci sono tante grazie e crediamo che sia normale aver Gesù in mezzo così spesso, sentirlo Gesù in mezzo, dopo sempre meno. E dopo, quel Gesù in mezzo che ci dà la certezza di essere buoni, santi, prediletti, quel Gesù in mezzo non lo sentiamo più, per cui noi ci sentiamo invece peccatori, non santi, e ci sembra di essere andati indietro, invece è andato avanti… finché si arriva a un punto che per i santi è la notte oscura e per noi anche, ma chissà come sarà per noi la notte oscura, perché sarà diversa, perché abbiamo una strada diversa, comunque notte sarà, con oscurità o senza oscurità, notte sarà. Poi Chiara dice: “La mia notte non ha oscurità”. Poi lei stessa dice: “Ma com’è difficile abbracciare questa notte senza oscurità”.

Uno ha l’impressione di non raggiungerlo mai

Ci sono dei momenti nella vita dei santi, in cui Dio è così lontano, è così al di là di tutte le forze che uno ha l’impressione di non raggiungerlo mai e ci sono stati alcuni santi che hanno detto delle frasi molto forti: “Questo Dio che io non sento, questa ripugnanza, questo qualcosa che mi contraria tutto il mio essere … è Dio, è il segno che Lui è vicino” (S. Margherita Redi). Questa è la strada che ci porterà alla santità.

Queste difficoltà, questa zizzania che circola, che c’è in noi ed attorno a noi ci fa patire, ma non cerchiamo di capire noi qual è la zizzania, noi siamo dentro un mistero in cui c’è un dolore e c’è l’amore. Mettiamoci dalla parte dell’amore ed alla fine della vita capiremo se eravamo dalla parte buona, perché altrimenti diventiamo delle persone scrupolose e soprattutto dei giudici nostri e degli altri. Ci sono i tempi di Dio, Dio ha Lui i suoi tempi ed in questi tempi Dio ci fa capire qual è la cosa che va bruciata e qual è la cosa che va tenuta. Intanto noi possiamo pregare, ma sentiamo qualcuno che ci dice: “Va bene così, dobbiamo essere contenti”, “Ti basta la mia grazia”. Quindi in ogni cosa che non ci sembrerebbe perfetta, nell’ordine fisico o spirituale o morale, non cerchiamo mai di cambiare niente, preghiamo, ma non perché quella cosa cambi, ma per amare di più, per essere noi più amore, non più perfetti, se siamo più amore, siamo più perfetti, ma basta essere più amore, perché noi non sappiamo cos’è la perfezione, noi abbiamo sempre un’idea della perfezione che può essere nostra e non è quella che Dio ha su di noi. Importante è che noi siamo amore, poi saremo più perfetti se siamo amore, ma non, ripeto, come pensavamo noi. La perfezione d’altra parte è amare tutti. Gesù dice: “Perfetti come il Padre vostro che fa cader la pioggia sui buoni e sui cattivi e dà a tutti alla stessa maniera”, questa è la perfezione. Di fronte a qualcosa che non sembra perfezione, noi che non abbiamo l’idea giusta della perfezione cerchiamo solo di amare. Di fronte ad una cosa che non cambia mai (io ho chiesto tante volte che cambi, non cambia) continuiamo a pregare, senza stancarci.

Questo Vangelo mi ha insegnato a non giudicare e ad aver pazienza. Pazienza vuol dire (non aspettare in senso umano) vuol dire patire bene. Patire finché Dio vuole, e quando Dio vuole è il momento giusto, allora le cose cambiano e cambia la croce. Non è che passa.

Senza croce non si vive

Se per caso passa la croce, dopo vi viene dentro un tale rimorso di aver perso il tempo (ma guarda non mi ero accorto che era una grazia, adesso devo ricominciare daccapo), perché senza croce non si vive. Il dolore è quella moneta che ci permette di vivere, di fare tutto; senza soldi non si fa niente, senza dolore non si fa niente. Posso chiedere che un dolore sia alleggerito, che sia trasformato, ma non che sia tolto.

Pensando alla zizzania mi veniva in mente questo, perché quotidianamente ci sono delle cose che non vanno, in noi ed attorno a noi e sempre abbiamo la tentazione di dire: tira via questa roba. Ed invece la risposta che io ho è sempre questa: abbi pazienza, cioè patisci bene, poi vengo io quando è il momento opportuno. Allora questo mi dà un po’ di pace. Quando siamo coscienti che mai arriveremo a fare tutto quello che vediamo c’è da fare, e neanche quello che faremo lo faremo bene, abbiamo tanta pace.

Viviamo l’attimo presente, il passato è passato, è inutile ricordarlo. Ripetiamolo, già si diceva nei primi tempi, adesso diciamolo in modo nuovo. Tutto quello che non è concluso, l’unità non fatta, i colloqui che non abbiamo avuto con molti di voi, le lettere che non abbiamo scritto, i lavori che non abbiamo fatto bene, tutto quello che non è stato fatto, le persone non incontrate, passate di qui che desideravano vedermi, quelli che mi hanno visto troppo poco, quelli dei quali non mi ricordo il nome, tutto questo, non importa, io devo avere pazienza. E’ zizzania? È uomo vecchio? O è limite? Sono le circostanze che non possono essere diverse? Oppure sono io che potevo fare diverse le cose e non le ho fatte? Non lo so e neanche lo guardo. Nel presente patisco bene questa cosa che sento pesare e guardo avanti cercando di mettere Gesù in mezzo, guardando a Gesù che per noi è Gesù in mezzo che mi prende anche tutto, per questo non ho tempo di guardare al passato.

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Cosa vuol dire mettere Gesù in mezzo fra noi? Vuol dire salutarci e vuol dire ringraziarci, vuol dire chiederci scusa per tutto quello che non abbiamo fatto o anche ci ringraziamo perché siamo stati un dono, gli uni per gli altri e poi andiamo avanti, separandoci, dividendoci non ci vedremo più con alcuni, con altri ci rivedremo e sarà un dono ed una croce perché vedrete che croce è quando ci si rivede ed è un dono, ma non ci si rivede come si pensava, non si riesce a dire tutto quello che in cinque o sei anni di distanza abbiamo accumulato dentro… “Guarda un po’, speravo di rivederti ed adesso non so più cosa dire…”. E’ una croce, ma è una croce quando non ci si rivede, nel presente c’è tutta questa prospettiva. Ci salutiamo, ci ringraziamo, ci chiediamo perdono e partiamo. E andiamo dove … crediamo di andare in un posto o nell’altro, ma non sappiamo se arriveremo. Possono succedere tante cose che cambiano il programma, importante è nell’attimo presente voler tenere Gesù in mezzo anche domani… diciamoci arrivederci, ma senza mettere limiti alla Provvidenza, va bene così. Per tutto quello che non abbiamo fatto; va bene così, per tutto quello che abbiamo fatto, va bene così; abbiamo fatto poco, abbiamo fatto male, potevamo fare di più… è passato, adesso c’è il presente, nel presente c’è Dio che è Amore, che è, ed io se amo, sono e se non amo non sono.

Dio e tu, soli su questa terra

Un monaco di clausura diceva: la pace si trova quando ti sei convinto che esiste Dio e tu, soli su questa terra. Perché gli altri non sai chi sono, cosa sono, come sono, se ci sono o se vegetano o se appaiono. La pace è questa su questa terra. In Paradiso ci siamo tutti, allora sarà il tutti uno, e tutti santi, anche quelli che sono all’inferno li vedremo santi perché li vedremo creature di Dio che hanno esercitato la libertà. Su questa terra invece ci siamo io e Dio e questo vale per i monaci e per i focolarini che hanno una vocazione apparentemente opposta. I focolarini in mezzo al mondo, però esiste Dio e io. Dopo ci stanno anche tutti, perché in Dio trovo tutti. Però li trovo in Dio. Qua in Paradiso lo troverò anche in loro, perché Dio sarà in loro e quindi lo troverò in loro. Qui il rapporto è sempre indiretto, c’è sempre qualcosa qui che fa ostacolo al rapporto diretto, perché Dio è spirito e con Lui l’anima può avere un rapporto, ma l’uomo è carne e l’anima non può avere rapporto diretto con la carne. C’è un passaggio, una purificazione, bisogna passare attraverso lo spirito, quando la carne sarà purificata, spiritualizzata, questo rapporto diretto lo avrà anche la carne. Quindi un uomo potrà amare un altro uomo perché sarà Dio e sarà uomo, mentre adesso Dio è spirito. Ed è sempre separato dall’uomo. Quindi… anche questo diaframma, questa barriera che ci impedisce di arrivare all’altro uomo, speriamo con la carità, ma cos’è la carità? E’ spirito, è Spirito Santo, è amore, ma non tocchiamo l’altro, tocchiamo il Gesù che c’è nell’altro, tocchiamo il divino che c’è nell’altro. Ma noi vorremmo toccare l’altro e invece se lo tocchiamo ci inganniamo come se uno crede di toccare Gesù toccando l’Eucaristia, si inganna, non è che tocca Gesù tocca l’Eucarestia (dice, ma come? Non è Gesù?). Gesù è in Paradiso e non è fatto in quel modo lì, è una presenza di Gesù, ma non posso dire tocco il corpo di Gesù o rompo il corpo di Gesù, rompo l’Eucarestia, cioè, la specie, vuol dire il modo come Lui ha deciso di apparire agli uomini e di farsi mangiare dagli uomini. Gesù una sera prese il pane e disse: “Questo è il mio corpo…”. Tutte le volte che noi prendiamo del pane…è una cosa affascinante e misteriosa, non so se riesco a spiegarmi. Perché io sento tanto l’esigenza di questo rapporto diretto, ma questo rapporto diretto sulla terra non c’è mai. Soltanto quando la carne sarà completamente spiritualizzata e quindi “immacolatizzata”, quindi qualche momento anche sulla terra, ma proprio per grazia e invece tutto il resto è attraverso Dio che noi prediamo contatto con gli altri, proprio perché l’Eucaristia ce lo insegna. Noi non prendiamo mai un contatto diretto con Gesù, ma prendiamo contatto con quello che sembra pane, perché sappiamo che non è pane però ha delle caratteristiche di pane ed il momento in cui non sembra più pane, non è neanche il corpo di Cristo. Quindi tutto è un mistero, un mistero d’amore e quindi anche fra noi è un mistero d’amore.

Però ci si sta bene in questo mistero, almeno cade tutta la sicurezza umana, uno sa tutto, uno crede a tutto e invece non sappiamo niente e crediamo in Dio.

*PREMESSA

Quella che segue è una trascrizione da un commento di Maras al Vangelo del giorno. Si tratta quindi di una trascrizione di un parlato che espressamente non abbiamo voluto cambiare per rispetto dell’autore ben sapendo che al lettore domanderà un supplemento di attenzione. Maras in queste conversazioni, partiva dalle letture del giorno e le commentava direttamente senza nessun altro supporto se non il Vangelo e l’attenzione di chi ascoltava.

 

 

 

 

 

 

 

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About Luca Tamburelli

Sposato e padre di fue figli, vivo in Francia, a Annonay, presso Lione. Sono amico di Maras e di moltissimi suoi amici.

Comments

  1. Abbiamo fatto meditazione su questa meditazione qui in focolare di Montreal. E stata una meditazione molto attuale, visto la situazione del mondo, della chiesa, dell’Opera anche. Grazie tanto per questa publicazione. Maras è presente !

  2. Salvatore says

    Grazie! Queste erano le meditazioni di Maras, pieni di umano (con la parola di vita vissuta), e di Divino (contemplazione di Dio).