ALCUNI STRALCI TRATTI DALLE SUE “MEMORIE” SUL SUO INCONTRO CON MARAS
Primo incontro
Avevo 19 anni e stavo finendo il quinto anno di ragioneria. Pensavo di continuare gli studi in economia, mi attraeva la scienza delle finanze, vedevo il denaro all’origine di ogni giustizia e ingiustizia, per lavorare anche nel campo scientifico per un mondo più equo, quando, per caso, ho conosciuto un giovane medico, professore di anestesia all’università di Pisa. Era il più giovane professore d’Italia e apprezzatissimo anestesista negli ospedali della città. Ma ecco come avvenne l’incontro. Era il mese di aprile dell’anno 1955. Riuniti attorno ad un tavolo di ping-pong in una quindicina di giovani attendiamo il conferenziere che avrebbe dovuto trattare un tema inerente lo sport. Il giovane medico arriva con un po‘ di ritardo dovuto ad una necessaria sua presenza in sala operatoria e si scusa anche per non aver potuto preparare il tema richiestogli. Ci propone di raccontarci alcune esperienze nel suo lavoro. Ci guardiamo un po‘ sorpresi, sulle nostre labbra appare qualche sorrisetto ma questa proposta ci incuriosisce. Il giovane medico ci introduce in un mondo a noi assolutamente sconosciuto. La novità del comandamento nuovo portata da Gesù vissuta nei rapporti con colleghi, infermieri, malati. Le esperienze che stava facendo erano forti e molto belle.
Per me è stata l‘occasione per scoprire aspetti del cristianesimo che neppure immaginavo. Ho capito, fra le tante cose, che la vita cristiana non era solo partecipazione alle funzioni, fare qualche elemosina, assistere a qualche bella conferenza teologica, ma era un fatto di vita. Il Vangelo oltre che leggere si poteva anche cercare di viverlo. Per questo qualche abitudine in me poteva cambiare. Con il medico non ci siamo più rivisti fino a settembre quando un pomeriggio, mentre camminavo spensierato in via dei Mille, mi affianca una 500 verde e sento una voce che dice: ―come va Umberto? era il medico. Si ferma poco più avanti, scende e viene verso di me. Dopo una breve conversazione in cui ci siamo scambiati qualche notizia di come abbiamo passato l‘estate, lui era stato a Vigo di Fassa con Chiara Lubich e un gruppo di suoi primi compagni, mi propone di mettere insieme un gruppo di giovani con cui approfondire le grandi realtà del Vangelo. Ci troviamo dopo una settimana nella sagrestia della chiesa di don Bosco con il medico, Paolo, il papà magistrato, Vittorio, figlio di un fine letterato e poeta, Giulio, figlio di un farmacista, Gennaro, venuto bambino a Pisa da Napoli al seguito delle truppe americane, i cosiddetti shoes-shine, e ora lavorante ad una pompa di benzina ed un altro Paolo, giovane avvocato insegnante di diritto. È Alfredo, che come fontana zampillante, ci racconta sempre interessanti episodi della sua vita.
Fra i tanti ricordo il suo incontro con Enrico Cavallini. Il giovane laureato cercava nell’ambito universitario un professore che lo accogliesse per una specializzazione. Dopo aver trovato molte porte chiuse a Firenze e Pisa qualcuno lo ha consigliato di parlare col professor Zirondoli. Zirondoli, ovvero Alfredo, lo ha accolto con amicizia, era un fratello da amare, e lo ha persino consigliato a specializzarsi in anestesia. Lui avrebbe potuto dargli una mano e passando al concreto una mattina gli ha trovato un camice bianco e lo ha fatto partecipare direttamente al suo lavoro in sala operatoria. L’atteggiamento del professore, diverso da tutti quelli che aveva contattato, ha stupito il giovane che ha cominciato ad indagare su di lui per conoscere meglio i suoi orientamenti politici. Nei giorni seguenti lo ha osservato nella corsia dell’ospedale come trattava i malati, come si rapportava con gli infermieri, come seguiva quelli che erano stati operati, come accoglieva i parenti dei malati, come era attento nei momenti drammatici a dare notizie ai parenti. Alla fine, da convinto marxista che era, ha concluso: ―questo deve essere un vero comunista‖. Ha chiesto informazioni a qualche medico dell‘ospedale e questi con qualche sorrisetto gli hanno detto: ma che marxista, è un cristiano, va a messa tutti i giorni. Pensava che scherzassero, che lo prendessero in giro. Infine una mattina, avendo saputo che il professore lasciava alle 10 la clinica per andare alla Messa in Duomo, lo ha seguito a distanza. Effettivamente lo ha visto entrare nel duomo di Pisa e dopo 40 minuti rientrare in clinica.
Enrico conosceva poco e male la Chiesa che non frequentava, era per così dire lontano dalla fede, nel 1945 era stato nelle brigate partigiane conosciuto col nome di «Rasputin», ma affascinato dalla vita di Alfredo ha deciso: ―se essere cristiano significa vivere così, anch’io voglio essere cristiano‖. Qui inizia una storia bellissima in cui anch’io sono stato in qualche modo coinvolto nelle sue fasi iniziali e di cui forse parlerò più tardi. Enrico seguirà le orme di Alfredo, diverrà primario di anestesia a La Spezia e sarà la via che condurrà molti alla scoperta dell’amore di Dio, di riconciliazioni quasi impossibili fra persone che si odiavano, di amore concreto per i poveri che visiterà molte volte gratis…diventerà un vero rivoluzionario evangelico nel mondo della sanità e non solo. Sarà un ricercatore instancabile di terapie contro il dolore, diventando un vero luminare della scienza e innovatore in questo campo.
(nota: Enrico Cavallini – Come una volpe dal fiuto sottile, ed. Città Nuova)
…Ma riveniamo al piccolo gruppo che insieme stava scoprendo quello che prima era sconosciuto. Alfredo ad un certo momento ci ha fatto sapere che non eravamo solo noi a Pisa a vivere questa fraternità, ma in tutta Italia c’erano giovani e comunità che come noi erano impegnati per portare nel mondo questa realtà. …
…E il panorama si allargava sempre più. Vi ricordate di Enrico? Il giovane medico che si stava specializzando in anestesia? Una domenica mattina Alfredo, Enrico ed io, andiamo a Firenze per incontrare altri amici che vivevano questo ideale dell’unità e fraternità. Siamo arrivati a Firenze giusto per salutare Oreste Basso, un ingegnere collaudatore della Breda, Andrea Ferrari, un giovane impiegato di banca, che facevano parte della comunità di Firenze, per poi andare alla Messa delle 12 in Duomo. Durante la Messa Enrico parla in continuità con Alfredo. Prima della comunione Alfredo e Enrico si alzano e vanno da qualche parte. Terminata la Messa vediamo Enrico raggiante come un sole. Cosa era avvenuto. Enrico aveva solo vaghi ricordi d’infanzia della messa e durante tutto il tempo aveva chiesto a Alfredo spiegazioni, poi voleva fare anche lui la comunione. Alfredo l’ha fatto parlare brevemente con un sacerdote e poi ha fatto la comunione insieme a tutti noi. Da quel momento Enrico era una persona nuova, un fuoco aveva acceso la sua persona divenendo testimone di una fede semplice e forte, tutta carità. Una volta terminata la specializzazione e vinta la cattedra di primario in un ospedale di La Spezia, là ha portato a molti il fuoco che aveva dentro. Mi ricordo di aver visitato qualche anno dopo, insieme a Dori una delle prime compagne di Chiara, Enrico a La Spezia. Insieme siamo andati in un paesetto dei dintorni dove lui aveva portato questa vita. Lì quando Enrico arrivava il parroco lo annunziava col suono delle campane. Alcuni ammalati ricorrevano al suo aiuto, altri venivano per scambiare esperienze.
Nel paese gli amministratori comunali avevano aderito a questo ideale e avevano rinnovato il modo di fare politica. Tutto veniva condiviso con la popolazione, se c’era qualche tassa da sopportare i primi che si tassavano erano gli amministratori… Abbiamo lasciato questa gente con una grande gioia nel cuore. Il Vangelo trasformava anche le strutture sociali, se vissuto. A Pisa il nostro gruppo ormai incamminatosi convinto in questa strada insieme ad Alfredo testimoniava, quando le occasioni si presentavano, questo ideale della carità, così chiamavamo la scoperta fatta, in vari incontri. …
… Maria, una giovane laureata, che con Santa, studentessa di chimica, ed altre giovani faceva parte del nascente gruppo del movimento, un giorno dà a Maras, è il nome con cui Alfredo era conosciuto nel movimento, ormai lo chiamerò anch’io così, l’indirizzo di un giovane, Eolo Giovannelli, che dalle pagine di un settimanale aveva lanciato un SOS. 28 Eolo abitava a Santa Maria a Colle, provincia di Lucca. A 14 anni lo scoppio di un gasometro nell’officina dove lavorava gli aveva spezzato la spina dorsale paralizzandolo negli arti inferiori e costringendolo a vivere disteso in un letto. Il ragazzo, dopo la disperazione e lo sconforto iniziale aveva cercato di reagire e riempire le sue giornate con collezioni di francobolli, corrispondenze varie. Il parroco e i compaesani cercavano ogni tanto di essergli vicino ma spesso Eolo era preda di un terribile buio e di mille perché. Un suo viaggio a Lourdes con l’Unitalsi, organizzato dal parroco, gli aveva dato una boccata di ossigeno, aveva persino avuto la forza di chiedere la grazia della guarigione per altri anziché per sé, ma tornato a casa, passato un po‘ di tempo, la tristezza, il buio, lo sconforto lo assalivano di nuovo.
Una mattina Maras, Paolo, il giovane avvocato ed io decidiamo di andare a Santa Maria a Colle per visitare questo giovane. La mamma Italia, un po‘ sorpresa della nostra visita, ci ha comunque accolti amabilmente e dopo aver parlato un momento col figlio ci ha fatti entrare nella sua camera. Eolo disteso sul suo letto ci ha guardati cercando di capire il motivo della visita. Era la solita pietà che smuoveva le brave persone ad andarlo a trovare e che a lui faceva tanto male, o cosa? Avendo saputo che Maras era medico, si aspettava che gli facesse domande sulla sua salute, che gli altri dicessero qualche parola di incoraggiamento, così in genere capitava. Questi i sentimenti che si agitavano in lui durante la nostra prima visita, come poi lui stesso ci ha raccontato. Maras invece ha parlato di sé, della sua scoperta del Vangelo, del comandamento nuovo di Gesù, della bellezza di poter fare in ogni momento della giornata la volontà di Dio. A questo punto Maras ha messo Eolo sul suo stesso piano, entrambi avevano la stessa possibilità di vivere la volontà di Dio, lui come medico, Eolo come malato, erano uguali. Un momento di silenzio poi Eolo chiede seriamente a Maras: ―dici questo per consolarmi o ne sei veramente convinto‖, non ricordo la risposta di Maras ma qui avvenne il miracolo della trasformazione di Eolo. Riporto uno stralcio di una lettera scritta da Eolo nel 1957 al giornale Città Nuova: «Un giorno, finalmente, conobbi un giovane medico, Alfredo Zirondoli, che mi portò alla scoperta di un mondo sconosciuto. Parlava un linguaggio nuovo: parlava d’amore, di Gesù. Come suonavano strane nella mia anima, dapprima, quelle parole! Ma a poco a poco la penetrarono come fasci di luce in un mondo di tenebra. Vivevo come in un sogno. Mi fece conoscere altri giovani, e in tutti era lo stesso fuoco. Un amore che non permetteva difesa, un amore che si chiamava Amore.» Da quel momento Eolo è irriconoscibile, non più ripiegato su di sé ama tutti per primo a cominciare da sua mamma e sua sorella Milvia e mentre prima le persone venivano per cercare di fargli compagnia, di consolarlo, adesso comincia un flusso interminabile di persone che vengono per essere aiutate, consolate, sorrette. Ben presto diviene un faro di luce, anche l‘arcivescovo di Lucca, venuto a conoscenza di questo fenomeno lo va a trovare, Il poeta e scrittore Italo Chiusano, dopo aver visitato Eolo scrisse di lui: «ha fatto del suo letto un pulpito, e il più efficace e gioioso dei pulpiti». Nell’estate del 1957 con Maras organizziamo un viaggio di Eolo nelle dolomiti, A Fiera di Primiero, dove Chiara Lubich con centinaia di giovani, famiglie, religiosi, preti, si incontravano per un tempo di riposo, conoscenze, scambi di esperienze. Con la 500, trasformata in mini ambulanza, saliamo fino a Fiera dove Eolo è avvolto dall’amore di tutti e a tutti dona la bellezza della sua anima. Per lui è l’incontro pieno con il movimento dei focolari, con Chiara, le prime sue compagne e la gioia è indescrivibile. Il suo cammino è tracciato, non lo fermano più i dolori, i frequenti ricoveri in ospedale e come meteora termina la sua vita il 16 giugno 1958. Al suo funerale a Santa Maria a Colle una folla immensa lo saluta. …
…Lascio la Mariapoli di Fiera di Primiero e parto per Milano ―Ciao, ciao Mariapoli, uno sguardo ancora e poi per sempre ti lascerò, come una fiaba l’estate passa..
Del ―Focolare‖ di Milano fanno parte Alfredo Zirondoli, Maras, che avevo conosciuto a Pisa, ed ora medico anestesista all’ospedale Niguarda, Vittorio Fasciotti, ing. alla Falk, Carlantonio Tomasin, geometra alla Innocenti, Pier Lorenzo Carenzi, studente al V° anno di economia alla Cattolica, Giannino Dadda, che aveva conosciuto il movimento durante il servizio militare, come allievo ufficiale degli alpini, nel focolare femminile di Perugia…e alcuni sposati fra cui Gastone Borro, Mario,…entrambi impiegati in banca. Siamo un bel gruppo, in maggioranza giovani, tutti avidi di vita e di unità con Dio e fra noi. …
Meravigliosa Vita che continua… grazie Umberto, Maras e… Luca!