Continuiamo la presentazione della figura di Paolo Bambi. Nel contributo precedente abbiamo pubblicato la testimonianza di Paolo Bampi nella Mariapoli di Merano del ’71, ecco alcuni echi.
Dopo la morte di Paolo, così ha scritto un giovane sacerdote dopo averlo ascoltato quel giorno in Mariapoli a Merano: “Il biondo ragazzo di Trento, ha avuto per me un ruolo di primaria importanza. Due o tre volte ho parlato con lui, ma questi pochi incontri sono stati sufficienti per farmi capire che tutta la mia teologia, tutta la mia formazione, tutti i miei ragionamenti potevano essere solo elementi di profonda vergogna, di fronte ad un’esperienza così viva e volutamente sofferta. Da lui ho capito che il “bene” bisogna pagarlo a caro prezzo e che ai giovani bisogna proporre sempre ideali grandi”.
E così Marco, un giovane di Belluno: “Ho ascoltato le sue canzoni che mi parlavano di Dio e che davano un senso alla vita spesso ricca di sofferenze. Ma non sapevo che quelle canzoni erano frutto della sua esperienza. Non avevo ancora capito che Paolo era gravemente malato. Quando l’ho sentito a Merano, in Mariapoli, l’ho osservato attentamente: sembrava contento di tutto, contento della vita e di vivere. Solo più tardi mi sono accorto che era felice solo di Dio: infatti aveva fatto del suo dolore, un dono a Dio e ai fratelli, ricevendone in cambio una serenità che sapeva di paradiso”.
NON LA MIA, MA LA TUA…
Abbiamo ritrovato due lettere molto significative: Paolo le aveva scritte a Francesco, un Gen e suo amico.
“Ciao Francesco, ho appena ricevuto la tua lettera e mi affretto a risponderti. Anch’io ho già “smaltito” la stanchezza della Mariapoli. Come avevo previsto le piastrine si sono dimezzate, ma niente paura, io sto benissimo e mi sento più che mai in forma. Per quanto riguarda Moena, non ti devi preoccupare: sarebbe stato tanto bello poterti rivedere; avremmo fatto delle esperienze meravigliose, stando insieme, ne sono certo. Ma come tu sai, la miglior cosa da fare è la volontà di Dio; e facendola, si è sempre sicuri di far bene. Non ci sono possibilità di avere dubbi in proposito. E poi è un’occasione buona per offrire questa nostra piccolissima croce “comune” per tutti quelli che ne hanno bisogno, non ti pare?”.
La seconda lettera è di quasi un mese prima della sua “partenza”:
“Ciao Francesco, come va? Finalmente mi decido a scriverti, eh! Ma ci sono stati alcuni avvenimenti che mi hanno impedito. Prima di tutto scusami della mia scrittura. Sai, sono in ospedale, eh già! Sono stato ricoverato venerdì. L’analisi era piuttosto male e il dottore ha detto che è meglio farmi ricoverare d’urgenza. Dapprima non volevo, ero appena tornato a casa dalla villeggiatura. Poi alcuni avvenimenti mi hanno fatto capire che era proprio volontà di Dio che io venissi ricoverato. E così sono qui. Ma so a chi offrire questa nuova piccola croce; domani vanno a Loppiano 40 giovani, e…speriamo bene. Va anche Franco, mio fratello. Da quando sono qui, le cose vanno un po’ peggiorando. Ho ben 206.000 bianchi, ma non ti preoccupare. Il dottore mi ha detto che mi farà uscire presto… Ciao, salutami tutta la tua simpatica famiglia, in particolare mamma e Beatrice. Vi ricordo tutti. Stiamo sempre uniti, con affetto. Paolo”.
Paolo era entrato in ospedale con la premessa che il ricovero sarebbe stato una cosa breve e, nonostante quei giorni passassero senza concedere miglioramenti, non potendo fare altro, avevano previsto la sua uscita dall’ospedale a giorni. Ma di nuovo l’imprevisto cancellò le nostre speranze: una epilassi costrinse Paolo a sottoporsi prima ad un tampone esterno, poi alla causticazione. L’emorragia non si ferma, bisogna procedere con un tampone interno. E’ una operazione molto dolorosa anche per altre complicazioni. Per 18 giorni avrà forti dolori sopportabili solo con forti calmanti. Le sofferenze continuano, sopraggiungono poi la polmonite e, più tardi, la paresi. Paolo avverte che la sua “partenza” è vicina. Come ha vissuto questi attimi di perfetta coscienza? Solo in cielo sarà manifestato quello che qui è nascosto, ma chi gli è stato vicino e cioè la mamma, il papà, i fratelli Franco e Claudio, Gino, Maras. Agnus, Leonardo, Iride, Marco, don Pio…possono testimoniare la sua fedeltà all’Amore.
La domenica 3 ottobre, Paolo continua a peggiorare. Don Pio gli è accanto. Ad un certo punto Paolo gli dice: “Vorrei andare a salutare il mio Amico”. E don Pio lo porta con il letto nella cappellina dell’ospedale. E’ una vera e propria liturgia che si svolge nella semplicità e sacralità di questi piccoli atti. Prima di entrare nella chiesetta Paolo dice a don Pio: “Fammi unità, prega per me, perché penso che presto andrò nella Casa del Padre”. E don Pio: “Un giorno ti dissi che c’è l’intelligenza umana e la sapienza di Dio: questa che tu senti oggi, ti ripeto, è la sapienza di Dio!”.
HAI LA MADONNA ACCANTO A TE
Molti gli sono stati accanto negli ultimi giorni, tra questi Gino e Maras venuti a portare il “conforto” di Chiara per questo momento così delicato: “Hai la Madonna accanto a te. Vivi l’attimo presente e offri tutto per il Movimento Gen”.
Dopo 18 giorni di grande sofferenza, con queste parole nel cuore, Paolo terminava la sua avventura su questa terra. Era lunedì 4 ottobre. Ora abitava per sempre quella “Mariapoli” del cielo che anche in terra aveva sempre amato. Aveva 18 anni.
Immediato il telegramma di Chiara: “Saputo notizia Paolo, dai giovani unanimamente amato, di cui resta luminoso esempio, mi unisco con tutto il cuore al dolore dei genitori – STOP – Iniziate preghiere et sante messe perché Paolo trovi immediato accesso in Paradiso, contemporaneamente et movimento Gen – STOP – devotissima Chiara Lubich”.
QUANDO LA MORTE PARLA DI VITA
“Cari genitori, sono di ritorno dal cimitero, dove il corpo del vostro amatissimo Paolo è lì in attesa di resurrezione. Ma più che un funerale, mi è parso vedere l’inizio del trionfo e della vera felicità di Paolo. Unitamente alle più sentite condoglianze, permettetemi – senza ritenerlo uno scherzo di cattivo gusto – di farvi le congratulazioni per il dono fattovi dal Signore di un figlio così buono!… Invisibile si, ma non assente, i suoi occhi pieni di luce, guarderanno i vostri pieni di lacrime, ma anche pieni di speranza. Sono contento di averlo conosciuto; sarò ancora più contento – mediante anche la sua intercessione – di poterlo rivedere un giorno in cielo. Assicurandovi un ricordo all’altare, sac. Tait Mario”.
4-10-1981
“Cara famiglia di Paolo, oggi 4 ottobre abbiamo ricevuto la notizia della partenza di Paolo mentre eravamo assieme per la prima volta decise di formare una nuova unità Gen. La sua morte ci sembrava come una pietra che cade nell’acqua e forma dei cerchi. Noi sentiamo di dover essere uno di quei cerchi che si allargano. Grazie e tutta la nostra unità. Le Gen di Monaco”.
“…e di nuovo ti ho sentito accanto a me come una presenza dolce che soltanto mi dava Dio, come il fiore più bello, e ogni attimo diventa prezioso per dire il nostro continuo si al nostro Creatore. Grazie Paolo, per questa presenza di Maria accanto a te, grazie della tua vita piena di attimi pieni, grazie per questa realtà di cielo che ormai è dentro il mio cuore. Takat”.
Così il preside della scuola di Paolo:
“…è facile fare della retorica, ma per Paolo non si fa retorica, si dichiara la bella, insolita verità che lascia tutti noi indegni ad ammirare un’anima pura che si muove nel mondo dei vivi…Lo ricorderò così, il suo preside, e così i suoi insegnanti e compagni. Mi creda!”.
PARLANO I GEN
“Ci dà gioia in questo momento parlare di Paolo: uno di noi, un ragazzo come tutti. Però per noi che l’abbiamo conosciuto, rappresenta molto, perché tanto ha saputo amare. Questo l’abbiamo sentito quando suonava la chitarra, parlava di musica o di moto…Paolo ha parlato con la vita: credeva all’Amore. Tutti noi ci siamo trovati bene, a nostro agio con lui, perché ci sapeva accettare tutti come siamo, scoprire e valorizzare il positivo in ciascuno. Colpiva sempre come Paolo non voleva far pesare la sua sofferenza su di noi, anzi ci accoglieva sempre sorridente e, vivace com’era, non gli mancavano le battute umoristiche. Dava se stesso, le sofferenze fisiche, l’impossibilità di condurre una vita come tutti, perché altri potessero capire e credere in quella realtà profondamente umana in cui viveva”.
Chiara nel marzo del ’68 aveva fatto scrivere una lettera ai genitori di Paolo. Questa lettera, vista con gli occhi di oggi, ci sembra abbia un valore tutto particolare:
“Carissimi genitori, non potete immaginare quanto Chiara abbia partecipato al vostro dolore, quando ha saputo della malattia di Paolo. In questo momento, in cui il movimento Gen esplode in maniera meravigliosa in tutto il mondo, affascinando con i suoi ideali schiere di giovani, sembra che Dio abbia voluto scegliere proprio fra gli stessi Gen le “pietre” su cui poggiarlo. Sono i suoi “eletti” e, con loro, Dio mostra di prediligere i genitori che, come voi, impreziosiscono il sacrificio dei figli, unendovi il proprio. Chiara vi assicura il suo ricordo particolarissimo perché la Madonna, la Desolata, vi sia accanto e lenisca il vostro dolore. Dite a Paolo che Chiara fa tanto calcolo su di lui per i compiti importanti che Dio le affida e portategli tutto il suo amore. In Gesù, Eli”.