“…Noi crediamo all’amore. Questa è la nostra nuova vita. Per questo manifestiamo il desiderio d’esser sepolte – qualora fossimo morte per la guerra – in una sola tomba con sopra scritto come nostro nome, perché quello era il nostro “essere”: «E noi abbiamo creduto all’amore» (cf. 1 Gv 4, 16).”
Questa frase tratta dal tema di Chiara su “Dio amore” è un’espressione che si sente sovente quando si racconta la storia del Movimento. Ed è lo stesso concetto che è stato ripreso, nel cimitero di Rocca di Papa dove sono sepolti parecchi Focolarini/e. Parecchi di questi focolarini sono disseminati in vari punti del cimitero perché “sono arrivati” nell’arco di più di 50 anni. In uno di questi, creato ultimamente, vi si trova un semplice giardinetto recintato su due lati da un muretto che crea un angolo. Sul muro scorrono delle viti stilizzate con qualche foglia e simbolici frutti…raffigurati da foto di tanti focolarini e col loro nome e la Parola di Vita. Un’idea simbolica, efficace, veramente molto bella. Al centro del giardino una pietra con la scritta: “E noi abbiamo creduto all’amore”. Questa pietra scorre su delle rotaie e da accesso ad un vasto sotterraneo che contiene un centinaio di loculi. Sul muro del lato corto campeggia una grande foto di Gesù Abbandonato a noi tanto familiare. Ecco così concretizzato questo desiderio di Chiara: Una sola tomba, con gran parte dei primi focolarini riuniti, (ve ne sono anche degli altri) con la scritta “E noi abbiamo creduto all’amore”, bellissimo. In questa tomba è sepolto anche Maras.
Idealmente collegato al cimitero di Rocca di Papa, il pensiero ci porta al cimiterino di Loppiano o meglio come amava chiamarlo Maras il “Camposanto”. Ed è proprio lui che lo descrive nella trascrizione che segue, un giorno che era di passaggio a Loppiano che aveva lasciato da qualche anno. E’ un parlato e come tale lo prendiamo. Parla inoltre di Aurelio del quale riportiamo sempre su questo blog, la presentazione della ristampa del libro uscito in questi giorni, scritto proprio da Maras qualche anno prima.
“Mi sembrava bello, dato che ci siamo trovati qui (siete venuti tante volte da soli o in piccoli gruppi, ma mai tutti insieme) fare quindi una piccola storia di questo luogo che per noi è venuto in luce con la “partenza” di Aurelio. Prima non ci accorgevamo neanche che ci fosse, poi Aurelio partì e Chiara desiderò che fosse sepolto qui. Naturalmente io sentivo la stessa cosa, ma non sapevo neanche dove fosse il Camposanto.
Quando stavo venendo in macchina da Roma a qui, mentre Chiara aveva pregato perché guarisse, io sentivo che sarebbe morto e sarebbe rimasto qui perché era il primo seme di Loppiano. Però con l’intelligenza e la memoria io dicevo: “Chiara ha detto che il primo seme è Eletto”, però era più forte la realtà che sentivo dentro che la prima pietra era Aurelio. All’ultimo momento della sua agonia Chiara ha detto: “Portatelo a Loppiano” ed allora ci siamo interessati dove era il Camposanto.
Ci siamo accorti che c’era, ma così abbandonato…, intanto era molto più piccolo di adesso, era la metà, non c’erano quelle due costruzioni là in fondo, c’era solo dell’erba e qualche lapide anche rotta. Da allora è stato popolato: è arrivata Araceli, è stato portato qui Andrea dopo che per dieci anni era stato sepolto a Milano. Sono arrivate tante altre persone e adesso sono tanti. Globalmente l’impressione del Camposanto è proprio quella di un Campo Santo. E’ bello che in italiano ci sia questa parola proprio qui dove si parla di Campo Verde, Campo Azzurro, Campogiallo, …Camposanto. Un campo è un luogo dove vi abitano persone vive come a Campogiallo, a Campo Azzurro e al Camposanto abitano persone che, sulla terra, sono considerate morte, ma abitano questo luogo che è Santo in attesa della Resurrezione. Mentre in tutti gli altri posti si assiste a spostamenti, persone che vanno altre che vengono e non si ha l’impressione di qualcosa che aspetta la Resurrezione, ma piuttosto che si aspetta la sistemazione, che è diverso; qui si ha l’impressione di una cosa che è ferma … che è in attesa di qualcosa che avverrà.
Qui abbiamo celebrato anche la Messa qualche volta. Mi ricordo in particolare il secondo anniversario di Aurelio che abbiamo avuto l’idea di dire la Messa qui e dato che la cappellina era troppo piccola e non si poteva stare, l’abbiamo detta qui all’aperto e abbiamo chiesto il permesso al vescovo. Tutto era stato preparato per dirla all’aperto, il desiderio era di dirla proprio qui vicino a lui. Ho accettato il consiglio di don Angelo che aveva preparato tutto lì fuori. Diciamo la Messa e incomincia a piovere, poche gocce, ma hanno consigliato di portare l’altare qui sotto e poi, poiché le gocce erano poche, le persone sono rimaste e non sono andate via perché pioveva. Poi ha smesso e proprio il tempo sufficiente per darci l’idea di avvicinarci a lui. Per tanto tempo venendo qui non riuscivamo mai a dire il “requiem aeternam”, dicevamo il gloria. Per spiegarmi questa cosa ricordo una volta dicevamo, in fondo l’Eterno Riposo lo chiediamo per noi, ma per lui che c’è è Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo che l’hanno portato nella Gloria, noi siamo sicuri che c’è e per noi chiedevamo ci fosse concesso alla fine della vita il riposo eterno e la pace perpetua che lui aveva già conquistato, era quindi inutile chiederla per lui, ma per noi.
…Di Aurelio si potrebbero dire tante cose. Pensando poco fa alla domanda che mi avete fatto: “Che cos’è Aurelio oggi?”. Aurelio è quello di prima però maturato, come un fiore che diventa frutto. Si può paragonare la sua vita fisica così piena di giovinezza, di iniziativa, di creatività, di sorriso come un fiore. Adesso a distanza di anni vediamo quanti frutti ha portato la sua vita e la sua morte, quante grazie ha mandato alle persone qui e altrove. E quindi resta l’idea di un fiore, però dà anche l’idea di un frutto. Questa sua presenza, che non è un ricordo (il ricordo è quello di Aurelio che si muoveva, che sorrideva, che lavorava in tutte le iniziative, a scaricare le balle, alla cernita degli stracci, a fare raduni), è l’impressione di un’altra presenza. Questa presenza è proprio legata al Risorto che non si potrebbe avere se Gesù non fosse risorto. Aurelio partecipa di questa resurrezione. Gesù è totalmente risorto anche con la carne. Aurelio ne partecipa parzialmente, in attesa della sua resurrezione; e dovunque è Gesù, dovunque è Dio ci sono le anime, quindi Aurelio è dovunque è Dio. Però siccome noi l’abbiamo conosciuto nella carne Lui si rende presente a noi attraverso il ricordo e lo sentiamo che ci avvolge, che ci consiglia, che ci consola.
…Ritornando ad Aurelio non è tanto un ricordo, il ricordo va affievolendosi perché passando il tempo quello che era legato alla sua persona, alla sua immagine (se io vedo la foto o il filmetto, io mi ricordo com’era però non ho l’impressione ora che lui è solo quello lì). E c’è qualcosa che aumenta invece col tempo, che non è il ricordo, che invece va affievolendosi come il suono della voce, le parole dette da lui, ma c’è qualcosa che cresce ed è lui in una dimensione nuova ed è questa dimensione nuova che colpisce le persone che non l’hanno conosciuto. Tante persone sono state colpite da grazie ricevute, ma non lo hanno conosciuto e questo ti dà la garanzia che non è l’Aurelio storico che agisce, l’Aurelio legato al ricordo, ma l’Aurelio legato al Risorto a cui le anime dei giusti partecipano in attesa che il corpo si ricongiunga e partecipi anche lui della resurrezione.
…Ricordiamoci focolarini dei nostri che ci seguono e sono dovunque, anche se qui hanno il loro corpo, partecipando di questa dimensione universale che è propria di Dio, dappertutto ed in ogni tempo … dimensione universale nello spazio e nel tempo … per cui Aurelio lo sento presente nelle Filippine e negli Stati Uniti. Qui c’è il suo corpo.
Poi ricordiamoci di un’altra pietra, che dicevamo prima, di Eletto … che ha dato la terra ed il suo corpo è nel lago di Bracciano e non si è mai trovato. Ma è una pietra legata alla terra, legata al luogo, mentre Aurelio è una pietra legata alla testimonianza. Chiara parlava di un monumento a cui tutti possono guardare … un monumento che è un modello. Tantissimi hanno conosciuto l’Ideale mentre si parlava di Aurelio, hanno sentito la chiamata mentre si parlava di Aurelio”.
Pubblico qui il commento di Luigino Sozza, che ringrazio:
Millegrazie di questo DONO! Ho sempre seguito Maras, soprattutto dalla vita di altri popi da lui generati.
Anche ora, leggendo qualche tratto della sua vita, ‘mi sento ardere il cuore in petto’, perchè mi fa sentire uno dei suoi figli, anche se dei più piccoli e miserabili… Ma conto di continuare a riscoprire Maras, per esprimere con la mia vita l’amore fra noi e con tutti, nel suo stile.
Di cuore un saluto, Luigino Sozza.