24 – Meditazione sul Vangelo: “Accresci la nostra fede”

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Neve sulle Alpi-2

 

Meditazione sul Vangelo di Maras Alfredo Zirondoli

*Premessa

Un giorno Gesù disse ai suoi discepoli: “Certo, gli scandali non mancheranno mai! Però, guai a quelli che li provocano. Se qualcuno fa perdere la fede a uno di queste persone semplici, sarebbe meglio per lui che fosse gettato in mare con una grossa macina da mulino al collo! State bene attenti! Se un tuo fratello pecca contro di te, tu rimproveralo! ma se si pente di quel che ha fatto, tu perdonalo! E se pecca contro di te sette volte al giorno e sette volte torna da te e ti chiede scusa tu perdonalo”. Poi gli apostoli dissero al Signore: “Accresci la nostra fede!”. Il Signore rispose: “Se aveste una fede piccola come un granellino di senape, voi potreste dire a questa pianta di gelso: Togliti via da questo terreno e vai a piantarti in mare! Ebbene, se aveste fede, quell’albero farebbe come avete detto voi” (Lc. 17, 1-6).

PRIMA PARTE
Cerchiamo di collegare questi tre punti: il primo parla dello scandalo, il secondo del peccato, il terzo della fede. Lo scandalo è qualcosa che fa rimanere male, perché è contro qualcosa che un uomo pensa bene, cioè contro un ideale. Ogni uomo ha l’idea del bene e del male che è soggettiva. C’è però una legge oggettiva, vera, assoluta per ogni uomo che è quella che Dio ha rivelato, però anche quelli che non conoscono questa legge hanno impressa nel cuore, siccome sono creature di Dio, un’idea non chiarissima, sufficiente però a cercare il bene ed a evitare il male. Quando c’è uno scandalo, contrario a questa legge, perché mette in evidenza il male e non il bene, dice che è male ciò che è bene e viceversa, l’uomo resta scandalizzato, non capisce più niente, c’è qualcosa che crolla in lui, che si rompe in lui, per cui può perdere la fede in Dio, se questa legge è la legge di Dio che lui conosce, nell’uomo, se è un uomo che è stimato come buono, bravo, in se stesso se egli ha creduto sempre in qualche cosa e poi vede che gli altri non ce la fanno; quindi è molto grave perché distrugge qualcosa. Allora Gesù dice: “Chi scandalizza un altro, andando contro la legge di Dio, andando contro i principi assoluti che sono nel cuore degli uomini, fa così male che per lui sarebbe meglio buttarsi nel mare con attaccata al collo una macina da mulino, per essere sicuro che va a fondo, che non si salva”. E’ un esempio che Gesù dice per far capire come è grave quella cosa, anche se nel mondo ci sono gli scandali.

Gli scandali avvengono in ogni settore della vita morale: ogni cosa che è immorale è uno scandalo. Poi Gesù dice: “State attenti a non scandalizzarvi e soprattutto a non scandalizzare, però in questa vita ci sono gli scandali, ma guai a chi è causa di questi scandali”.

Se uno si pente, tu lo devi perdonare

Poi Gesù aggiunge: “Se uno fa un peccato, perdonalo”. Evidentemente quando Gesù ha detto quella cosa sullo scandalo qualcuno avrà fatto un esempio, avrà pensato a qualcosa, ha fatto un riferimento a sé stesso, agli altri, è nato anche un sentimento di avversione o di condanna per colui che ha scandalizzato, per chi ha fatto il male, per chi ha fatto una legge cattiva o ha dato il cattivo esempio. Gesù dice: “Se qualcuno ha fatto un peccato, glielo devi dire e rimproverare, però se lui si pente, tu gli devi perdonare”. E qui si sente il cristianesimo, la nuova legge, perché in fondo quello di prima poteva essere un principio accettato anche da tutti prima del cristianesimo e anche adesso. Al di fuori del cristianesimo uno può capire che far del male è male e chi fa del male fa male e quindi è meglio per lui che non fosse nato, la novità è questa: il male è male, ma se lui si pente, tu devi perdonare. E poi la cosa rivoluzionaria è questa: se lui pecca contro di te, sette volte al giorno ed ogni volta ti dice: “Perdonami!”. Tu gli devi perdonare.

Si capisce come di fronte a queste osservazioni gli apostoli dicano: “Signore, aumenta la nostra fede!”. Ci vuole fede per credere che quello lì che ci ha offeso, che ha peccato contro di me, che in qualche modo mi ha mancato di giustizia, di carità, mi ha rubato qualche cosa e dice: “Mi pento”. Devi credergli, io devo credergli, ogni volta. Ci vuole fede e Gesù dice: “Sì, ci vuole fede, tanta fede, una fede che se voi l’avete, dite a questo albero: tirati su dalla terra, sradicati e va in mare, lui lo farà”.

Fede che va contro tutta l’evidenza

Nella vita di ogni uomo c’è un momento almeno in cui questa parola di Gesù deve essere vissuta. Io credo che i santi hanno avuto tante occasioni per vivere questa parola di vita. Io ricordo il Cottolengo che una parola che ripeteva spesso era: “Certo ci vuole fede, fede”. Ma fede di quella vera, quella fede che va contro tutta l’evidenza, tutte le dimostrazioni. Se uno sette volte al giorno continua a peccare, io continuo a credere che devo perdonargli, che lui si rinnova, che lui è un altro. Questo va contro l’esperienza; contro tutto ciò che il mondo direbbe che è giusto. Il mondo dopo un pò dice: una volta ti perdono, la seconda volta sta attento, la terza volta basta. Ogni legge umana anche la più larga, arriverebbe a dire facciamo tre volte, al massimo quattro, ma poi basta, perché l’esperienza mi dice che questo non ce la fa: ha rubato sempre, continua a rubare, ruberà ancora, invece Gesù dice: “No!”. Ora Gesù non dice: “Lascialo rubare”. Vuol dire: “Perdonagli!”. Quindi è un atteggiamento spirituale il che non esclude che qualche volta cambi anche i comportamenti umani. Cioè io dovrò prendere una posizione di fronte ad una persona che uccide, dovrò qualche volta essere forte, ma quello che non cambia è l’atteggiamento spirituale che deve essere di fede: quello lì può sempre cambiare, lo tengo sott’occhio, ma sempre con la fede che lui può sempre cambiare. Questa fede che Don Pasquale Foresi chiamava fede carismatica, allo stato di grazia straordinaria per potere vivere tutte le parole del Vangelo, almeno un momento nella vita dobbiamo averla. Questa fede per noi si esprime soprattutto nell’unità. La fede carismatica sulla quale saremo provati, qual è? Quella della nostra vocazione. Noi che abbiamo la vocazione all’unità, abbiamo proprio la prova di dover credere al di là dell’evidenza, di dover fare unità nonostante tutto, ma non in una cosa facile, ma in una cosa vitale, essenziale, difficilissima che coinvolge la nostra vita e la vita di tanti. Per cui si potrebbero fare numerosi esempi: ognuno avrà i suoi esempi. Più si va avanti nell’Opera, più si capisce che fare unità esige fede, di quella, al punto di dire: “Io posso spostare la montagna o sradicare l’albero”. Ci sono gli alberi visibili e gli alberi per modo di dire: la montagna del mio uomo vecchio.

Chiara Lubich: “chi crede ama”

Su questa esperienza della montagna Chiara ha scritto qualche anno fa una paginetta che io leggo con voi. E’ un commento al medesimo episodio del Vangelo narrato questa volta da Matteo. E’ del 1949: “Per vivere questa Parola nell’attimo presente, per essere questa Parola nell’attimo presente, io vivo credendo e agendo in modo che in me ed attorno a me ogni montagna sia spostata ed al suo posto viva lo S.S., io voglio essere questo miracolo vivo, lo S.S. incarnato, cioè attimo per attimo io mi stacco da tutto anche da Dio, per Dio, vivendo Gesù crocifisso come punto d’arrivo dell’attimo presente e Gesù crocifisso è la parola di vita spiegata. E la fede che Gesù chiede è l’amore: chi crede ama. Avere fede per trasportare le montagne vuol dire amore per trasportarle ed io amo trasportando attimo per attimo la montagna che è in me, perché Dio viva in me. Ma io voglio durante la mia giornata trasportar ogni montagna che io incontro nell’anima del fratello o dei fratelli, le brucerò con l’amore, cioè voglio quel peso, voglio quell’abbandono, voglio quella montagna e amo di trasportarla. Bisogna non pensare che ci siano, perché chi ama non vede gli ostacoli, non vede la montagna, e la trasporterò, ma io devo avere nel cuore una cosa sola: l’amore. Mettere quell’amore alla base, allora tutta la mia giornata sarà un trasportare tutte le montagne, sarà un incendiare tutte le anime”.Neve sulle Alpi

La fede è amore

Questa è l’esperienza di Chiara nel ’49, dopo di che ne ha fatte tante: adesso dobbiamo farla noi. Dunque questa fede è l’insegnamento che Gesù vuole darci attraverso la parabola. Il mondo va male, ma aver fede. Questa montagna di peccato, di egoismo la faccio mia, la sento mia, la distruggo con l’amore e credo che andrà bene, perché io vado bene, io vado avanti, io sono ottimista, nonostante tutto io vado avanti, perché credo, che vuol dire: amo, sennò la fede senza amore non ha senso. Se io credo e basta e non si muove niente dentro di me, non vale. La fede è amore. La fede è: io credo quello che tu mi dici, io sono quello che tu vuoi che sia; io credo che questa montagna di peccati che c’è nel mondo, non c’è. Anche con Gesù dicevano: ho trovato; soprattutto quando distribuiva i pani lo seguivano, ma poi non c’era più nessuno che lo seguiva e quindi verrebbe di essere tanto pessimisti, anche perché poi quando uno è sul palco, parla, ha l’impressione che c’è unità, ma quando va dietro si accorge che non c’è nulla. L’unità che c’è è un fatto divino, ma l’umano che sostiene il divino è così decomposto, fragile che a un certo punto quando manca il divino si sfascia. Però bisogna credere lo stesso. Quando San Paolo ha parlato all’Areopago è stato un fallimento, però ne sono rimasti tre, ma chissà quante migliaia erano, ma non è solo per questo, è perché io devo credere che queste persone qui che non hanno seguito, che sono uscite prima, si convertiranno e, se ritornano, io comincio lo stesso discorso. Questo è alla base del sacerdozio. Quando io confesso una persona, se mi viene a dire che da vent’anni fa lo stesso peccato, io devo credere che non lo farà più. Se io non ho questa fede non posso assolverlo e non posso essere sacerdote e nemmeno cristiano. Innanzitutto un atteggiamento di perdono dentro, di fede che cambierà, ti aiutiamo, vedrai, finora è andata male, ma cambierà qualcosa, anche se siamo convinti che non sono le cose esterne che cambiano una situazione spirituale, è la situazione spirituale che cambia le cose esterne, però lo stesso bisogna fare quei salti mortali, continuamente farsi uno con tutti, sragionare con chi sragiona e amare, e amare, farsi tutto a tutti, scomunicato con gli scomunicati, come dice San Paolo, eretico con gli eretici e non cessare mai di amare. Ma questo non è possibile umanamente, per cui: Signore aumenta la nostra fede.

Credere all’Ut omnes quando vediamo come sia difficile tra di noi sperare, bisogna credere e quindi operare, agire, come fosse già avvenuto (…) allora mi ricordo una meditazione che Chiara ha scritto passando da Roma quando anche lei vedeva questa Roma diversa dai primi tempi della cristianità. Chiara dice: “Ma sarà possibile che questa Roma ritorni ad essere cristiana, che sia la città dell’Ut Omnes?”. Chiara diceva: “Mi veniva da dire di no, però se io penso a Gesù quando passava per le strade, anche lui vedeva tante cose che non andavano e anche lui vedeva quanto era difficile cambiare questa situazione. Gesù guardava dentro di sé, al Padre che viveva in lui e per lui, per questo colloquio con lui, poteva sperare che tutti si sarebbero convertiti, perché lui li avrebbe pagati e quindi l’Ut Omnes si sarebbe fatto”. Per cui Chiara: “Se io guardo alla Trinità che vive in me e mi metto d’accordo con il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, se io sono pronta a pagare per queste persone, queste persone si convertiranno”. Quindi è questione di tempo e quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me; adesso non vediamo perché non siamo innalzati da terra sufficientemente, ma quando siamo innalzati, queste persone che abbiamo legato con l’amore, le tireremo tutte su; quindi dipende da noi se siamo d’accordo con Dio, se siamo disposti a morire. La fede di Chiara deriva dal fatto che lei paga. Quando una cosa mi fa male son sicuro che andrà bene se io la amo, perché la genero, la faccio essere. Cos’è che fa essere? E’ l’amore che io metto dove non c’è. Dove non c’è amore o mi sento male, però amo e poi trovo l’amore, ma nel momento in cui amo io genero qualcosa che non ho ancora, cioè che non vedo ancora e quindi sento del dolore, però la fede mi fa sapere che se un bambino è nato, poi lo vedrò.

Il dolore trasforma l’umano in divino

Quando la mamma sta partorendo, il bambino non è ancora nato, sente il dolore, ma non sa come sarà, se sarà un bambino o una bambina, se sarà fatto bene o male, sano o no, ma lei ama, soffre, soffre e ama. Il parto è un dolore che tenderebbe a chiudere, a ripiegare la donna su sé stessa, invece deve facilitare questo dolore che è sempre più forte finché arriva la nascita. Portato sul piano spirituale, quando sentiamo che qualcosa ci fa male, invece di chiuderci cerchiamo di aprirci. Naturalmente è un andare contro corrente, è come uno che vede un coltello che gli arriva, invece di chiudersi si apre e quindi il coltello penetra di più. Lo stesso avviene durante una puntura: si è portati a contrarsi, se si sta rilassati l’ago penetra più facilmente. Il dolore trasforma l’umano in divino e allora questa fede di credere al di là dell’evidenza, contro l’evidenza, ha senso se io pago di persona. Io non posso pregare che gli altri facciano o che Dio faccia. E io che faccio? Io posso pregare che Dio si serva di me, che Dio faccia, ma anche attraverso di me. Madre Teresa di Calcutta diceva: “Quando noi vediamo morire un povero, non dobbiamo dire che Dio non ha fatto la sua parte: Dio la fa la sua parte, sei tu che non hai dato l’aiuto al povero. Dio ha fatto la sua parte, sei tu che non hai fatto la tua parte, non è colpa di Dio, è colpa tua”.
Quindi Dio fa la sua parte nel generare la vita, ma noi dobbiamo trasmetterla. Lui dice: “Pregate ed otterrete”, ma pregare vuole dire: io mi metto a disposizione: “Signore c’è questo da fare, fallo!”, ma è evidente, attraverso di me. Non posso dire: “Mio fratello ha fame, dagli da mangiare” e io sto qui. Quindi è tanto bello questo Vangelo che ci richiama questa fede che ci impegna e più è assurda, più ci impegna, mentre la tentazione è di disimpegnarsi: la cosa è troppo difficile, non ci penso più, non prego neanche più; se ho capito che devo pagarlo, non prego e io l’ho sperimentato in me questa tentazione molto forte: siccome avevo capito che non posso dire il Padre Nostro dove chiedi pane, di rimettere i peccati se io non faccio questa cosa, alla fine la tentazione è di non pregare più, perché non posso essere dissociato dentro, dire una cosa e pensarne un’altra, allora siccome sentivo la tentazione e volevo invece continuare a pregare, mi sono impegnato, mi impegno sempre di più; più la cosa è assurda, più mi impegna, ciò che mi fa male è mio e ciò che mi fa molto male è molto mio. E così sposto le montagne, sradico un albero, entro in un altro piano dove tutto è possibile, è il piano di Dio. (Continua)

* Quella che segue è una trascrizione da una meditazione di Maras sul Vangelo del giorno. Si tratta quindi di una trascrizione di un parlato che espressamente non abbiamo voluto cambiare per rispetto dell’autore ben sapendo che al lettore richiederà un supplemento di attenzione. Maras in queste conversazioni, partiva dalle letture del giorno e le commentava direttamente senza nessun altro supporto se non il Vangelo e l’attenzione di chi ascoltava.

 

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About Luca Tamburelli

Sposato e padre di fue figli, vivo in Francia, a Annonay, presso Lione. Sono amico di Maras e di moltissimi suoi amici.