Abbiamo trovato qui una bellissima storia di Eolo!
Vite cristiane – Eolo Giovannelli, fonte di speranza, di DON EMILIO CITTI.
“Come capiremmo il riposo senza la stanchezza, la gioia senza il pianto, la luce senza le tenebre, il perdono senza l’odio, la verità senza l’errore? Dio ci tocca nella carne per farci sentire i bisogni del mondo. La tua carne diventa per Dio il libro del suo parlare, l’alfabeto del suo modo d’esprimersi”. Queste parole tratte dagli scritti di fratel Carlo Carretto, possono aiutarci a comprendere la vicenda umana e cristiana del giovane Eolo Giovannelli, costretto a vivere immobile nel letto, paralizzato in seguito ad un incidente sul lavoro, all’età di 14 anni.
Perché capita proprio a me?
La domanda che più spesso ci poniamo, allorché siamo toccati dalla sofferenza o malattia, è questa: «Perché capita proprio a me?». La storia di Eolo ci da una risposta singolare, solo se si sceglie di portare ogni sofferenza insieme a Cristo: allora il dolore genera la luce per sé e per gli altri intorno, dando senso a tutto ciò che umanamente non riusciamo a comprendere. Inoltre, la storia di Eolo ci offre l’esperienza di un cammino di luce pur fra tante tenebre, accettando la sofferenza con gioia. Eolo Giovannelli nacque a San Macario in Piano il 1 luglio 1934. Il padre Pompeo faceva il muratore, mentre la mamma, Italia Puccetti, lavorava come infermiera presso il Manicomio di Maggiano e attendeva alla casa, all’educazione di Eolo e della sorella Milvia, nata successivamente. Nulla di speciale si segnala nella fanciullezza, se non la frequenza alle elementari e al catechismo, la sua vivacità e il tanto affetto per la famiglia. Nel 1946, trasferitasi la famiglia a S. Maria a Colle, sulla via Sarzanese, per Eolo si aprì la strada alla vita lavorativa. Fu preso come apprendista presso la «Carrozzeria Fratelli Arrighi», sulla via Pesciatina a Picciorana. Pieno di buona volontà imparò presto il mestiere, riscuotendo apprezzamenti dagli stessi Fratelli Arrighi, che presero a considerarlo come un figlio. Nel settembre 1948, quando Eolo aveva appena compiuto quattordici anni, accadde la disgrazia: nell’autocarrozzeria, in un momento fatale, scoppiò violentemente la micidiale miscela del gasometro e, andando in pezzi, una scheggia d’acciaio gli spezzò la spina dorsale. Immaginiamoci la disperazione di quegli attimi, con un fuggi fuggi generale dopo lo scoppio e il boato udito fino a Lucca e Eolo a terra come un morto.
Una salita verso il Calvario
All’ospedale si risveglierà circondato dai genitori e dai medici, assai pessimisti sul futuro della sua vita. La voglia di vivere di Eolo si tramutava in una salita verso il Calvario e «la sua carne diventò per Dio il libro del suo parlare». All’ospedale volle ricevere la Comunione per trovare forza nel suo essere paralizzato. Successivamente recuperò l’uso delle braccia ma non delle gambe. E, tornato a casa, seguirono momenti di abbattimento, di silenzio e di solitudine. Il pensiero andava anche ai genitori e alla sorellina Milvia, ridotti a fare i conti con un paralizzato in casa, immobile nel letto. La sua cameretta via via si riempiva di libri, giornali, collezione di cartoline e francobolli, di una radio che ascoltava, di qualcuno che veniva a trovarlo, ma Eolo ripiombava nella solitudine. E per distrarsi un po’, aumentò il tempo dedicato alla lettura, allo studio del francese e alle sue collezioni. Persone buone gli offrirono un viaggio a Roma nel 1950 e nel 1952 con l’Unitalsi visse una esperienza indimenticabile a Lourdes, dove poi ritornerà per altre tre volte. Nel 1953 la sua voglia di vivere lo spinse a scrivere una lettera col segnalare la sua situazione alla Settimana Incom, chiedendo amicizia e cercando un po’ di pace. valanga arrivarono lettere di risposta da ogni dove e, come testimonia la sorella Milvia, i suoi famigliari erano pregati ad andare a ritirare il carico della posta direttamente all’ufficio postale, per l’impossibilità del postino di recapitarla presso la loro abitazione.
Un incontro decisivo per la sua vita
C’era il cumulo delle tante lettere, restava però, nel cuore di Eolo, il desiderio di ricevere – ogni mese – Gesù nell’Eucaristia e questo li procurava gioia. Avvenne, inoltre, una svolta decisiva e fu quando ebbe contatto diretto con il Movimento dei Focolarini di Chiara Lubich. È proprio Eolo, che nel 1957, in una lettera a Città Nuova, racconta questo incontro, così decisivo per la sua vita. «Un giorno,
Finalmente, conobbi un giovane medico (prof. Alfredo Zirondoli) che mi portò alla scoperta di un mondo sconosciuto. Parlava un linguaggio Nuovo; parlava d’amore, di Gesù… Come suonavano strane nella mia anima, dapprima, quelle parole! Ma a poco a poco la penetrarono come fasci di luce in un mondo di tenebra. Vivevo come in un sogno. Mi fece conoscere altri giovani, e in tutti era lo stesso fuoco. Un amore che non permetteva difesa, un amore che si chiamava Amore. A poco a poco scoprii che nel dolore è Gesù che viene a noi; già l’avevo sentito altre volte, ma non l’avevo mai compreso: ora era l’amore che me la metteva nell’anima questa verità – ed io non potei più limitarmi a sopportare soltanto la mia croce: Dio non si sopporta, si ama. Ma come amarlo con pienezza, attimo per attimo? Ascoltai le esperienze dei miei nuovi amici e scoprii che “molte sono le mansioni nella casa del Padre”.
“A me Gesù chiedeva di fare l’ammalato”
Era chiaro: a me Gesù chiedeva di fare l’ammalato, come al medico chiede di esercitare bene la medicina ed al maestro l’insegnamento. Tanto semplice e tanto bello! Bello si, perché quella croce che non avevo mai capita, l’ho scoperta piena di gioia, e gioia di cielo. Così ho ritrovato la vita: perché è qui, in questo letto, che Dio mi ha veduto e voluto col suo amore di Padre. Tutto il resto è illusione, non mi porterebbe che fuori dalla Sua volontà. Sento che potrò ritornarGli un po’ di questo amore solo facendo bene la parte che Lui mi chiede. E questa è la mia gioia che il mondo non conosce, e il mio paradiso». A seguito di quell’incontro, molti altri ne seguirono con giovani focolarini e a poco a poco la solitudine si dileguava per dar spazio alla preghiera, alla serenità nella mente, alla gioia di cantare. I focolarini, prodighi di attenzioni per Eolo, pensarono anche di toglierlo dal suo letto e portarlo a fare un giro con una vecchia «Topolino». Lo vollero riportare sulla via Pesciatina a Picciorana, nell’autocarrozzeria dove avvenne la disgrazia. Gli Arrighi, i lavoratori e i vicini, al vederlo gli fecero una gran festa, ma a Eolo non piacquero i vari commenti di commiserazione.
Nei giorni a seguire sulla sua fragile vita, pesò una grave malattia intestinale addominale. Accorse subito a S. Maria a Colle l’amico prof. Zirondoli che lo fece ricoverare nella sua clinica a Pisa. Sembrava moribondo e aveva una febbre altissima. In un momento di più lucidità, durante la notte chiese all’amico professore: «Alfredo, vorrei confessarmi e comunicarmi… Arriverò a domattina?». Ricevuta la rassicurazione, la mattina seguente, con tanta serenità, ricevette l’Eucaristia. Con il suo sorriso, on il suo parlare di Gesù, molti si sentirono attratti dalla sua testimonianza edificante, visitandolo in clinica. Ritornato in famiglia, i intensificarono le visite nella sua cameretta, tanto che il babbo muratore, come ci dice la sorella Milvia, aveva il pensiero di rinforzare il pavimento, perché non avesse a cedere. I focolarini di frequente lo conducevano ai loro raduni a Firenze, alle Mariapoli, a Trento, a Loreto: luoghi dove Eolo faceva una preziosa esperienza di unità e comunione con tutti e con tanta gioia.
Con Igino Giordani
In uno di questi raduni ebbe modo anche di incontrarsi con un grande focolarino, Igino Giordani, che nel 1962 scrisse la biografia di Eolo, «un operaio che aveva imboccato la strada della santità». Tornato da Trento, per testimoniare che «solo Dio conta», volle bruciare, con un atto di liberazione, tutte le lettere ricevute e vendere la collezione di francobolli, e con il ricavato di 28.000 L., contribuì alle spese di viaggio di alcuni focolarini. In lui cresceva l’amore per Dio e per il prossimo ed ogni mattina, salvo poche eccezioni, don Angelo Chicca, parroco di Ponte San Pietro, parrocchia geograficamente più a lui vicina, gli portava la Comunione che Eolo riceveva come un angelo e lo trasformava in un giovane potente e capace per un apostolato verso tanta gente.
Divenne guida spirituale per tanti
E così divenne guida spirituale per tanti. Lo stesso arcivescovo di Lucca, Mons. Antonio Torrini, volle fargli visita e portargli la sua benedizione: circostanza benevola che Eolo non cesserà di ricordare. Il poeta e scrittore Italo Alighiero Chiusano, dopo aver fatto visita ad Eolo, disse di lui che «aveva fatto del suo letto un pulpito, e il più efficace e gioioso dei pulpiti». Il 16 giugno 1958 Eolo morì nella notte dopo aver ricevuto l’Eucaristia come viatico. Moriva un paralizzato di 24 anni, che aveva scelto di condividere il suo dolore con Gesù, aprendosi alla comunione con Dio e di mettere le sue forze a servizio del regno di Dio. I suoi funerali a S. Maria a Colle videro partecipare una folla enorme, che aveva capito, guardando a Eolo, quanta testimonianza e quanta luce si possa ricevere attraverso la sofferenza.