Meditazione sul Vangelo di Maras Alfredo Zirondoli
PREMESSA
Quella che segue è una trascrizione da una meditazione di Maras sul Vangelo del giorno. Si tratta quindi di una trascrizione di un parlato che espressamente non abbiamo voluto cambiare per rispetto dell’autore ben sapendo che al lettore richiederà un supplemento di attenzione. Maras in queste conversazioni, partiva dalle letture del giorno e le commentava direttamente senza nessun altro supporto se non il Vangelo e l’attenzione di chi ascoltava.
“Diceva loro: ‘Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che io sono, morirete nei vostri peccati’. Gli dissero allora: ‘Tu, chi sei?’. Gesù disse loro: ‘Proprio ciò vi dico. Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto; ma colui che mi ha mandato è veritiero ed io dico al mondo le cose che ho udito da Lui’. Non capirono che Egli parlava loro del Padre”
(Gv. 8, 23-30).
Gesù dice chiaramente: “Voi siete di questo mondo, se non credete in me”, cioè se non uscite fuori di voi, perché io non sono di questo mondo. Se non lasciate tutto ciò che è mondo, naturale, voi morirete come muore il mondo. Io sono, io sono l’Essere. Voi non siete, cioè siete se vivete in Me; non esiste un tralcio tagliato dalla vite, non è più un tralcio. Non esiste un membro tagliato dal corpo, non è più membro. Se non siete in me, se non aderite con tutta l’anima, la mente e le forze e tutto l’amore, se non aderite a Me, non fate Uno (perché questo è credere: uno con Me) voi morirete.
“Io avrei molte cose da dirvi”. Gesù era anche uomo, quindi capiva le cose anche come le capiscono gli uomini e le dice anche come le dicono gli uomini; però: “Io dico le cose che ho udito dal Padre”. Si vede continuamente che Lui sposta la sua volontà, il suo modo di vedere umano, per fare solo la volontà del Padre che lo ha mandato. Gli altri non capirono che Lui parlava del Padre, allora dice: “Voi capirete questo quando mi avrete innalzato da terra”. La verità che Gesù dice, gli altri la capiscono solo quando Lui dà la vita. Siccome è una verità di vita, non una verità intellettuale, è un’esperienza che si può solo trasmettere. E Gesù la trasmette dando la vita. Poi prosegue: “Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo perché io faccio le cose che gli sono gradite”. Qual è la condizione per essere sempre uniti al Padre? E’ fare la volontà gradita al Padre! Gesù sposta tutto sé stesso, vive in funzione del Padre.
Non essere, vivere l’altro
Tante volte noi diciamo che dobbiamo avere tra noi dei rapporti trinitari. Vuol dire questo: non essere, vivere l’altro, parlare il linguaggio dell’altro; non parlare: dire quello che l’altro è; essere espressione dell’altro. Infatti nei momenti di unità, si realizza veramente questo, si verifica cioè che: uno è l’altro, dice l’altro, esprime l’altro. Talvolta infatti guardando un focolarino si dice: “Tu hai fatto unità con quella persona. Tu sei l’altro, gli assomigli, non tanto il suo modo di fare, quanto il suo essere”.
Questo si ottiene facendo sempre le cose che sono gradite all’altro. Naturalmente questo su un piano umano non è possibile, ed è anche bene non farlo. Non si può fare unità umanamente… così! Per fortuna è impossibile. Invece in Dio non solo è possibile, ma è voluto. Noi in Dio troviamo l’unità, quell’unità che ci permette di essere, perché siamo uniti all’Essere, di dire ciò che l’Essere dice, di essere l’Amore come l’Amore è!
Non si deve tagliarsi dal prossimo per salvarsi
Naturalmente siccome noi siamo divini e umani, come anche Gesù era divino e umano, c’è in noi questo miscuglio di umanità e divinità; e noi tante volte non riusciamo a capire dov’è il divino e dove l’umano. Ciò che vi dice il responsabile di focolare, ciò che uno vi dice, viene da Dio o viene dall’uomo? Qui è tutto il rischio, il dramma della vita cristiana, il dramma dell’amore. Riuscire ad amare nel dubbio di fare unità all’uomo, piuttosto che a Dio. D’altra parte se non facciamo così, tagliamo. L’errore di tutti quelli che si tagliano dall’umanità, dal prossimo per salvarsi, per salvare la loro unità con Dio è proprio questo: nel dubbio che quell’umano ci tiri giù, preferiamo chiuderci col nostro Dio, fatto a nostra immagine e somiglianza, e perdiamo il contatto con l’uomo. E quando andiamo alla Comunione il nostro Dio ci dice: “Va a prenderti tuo fratello, vieni con lui!”. Ma questo è un rischio. Teoricamente io amo tutti gli uomini, vado a Dio con gli uomini. Ma quando si comincia a vivere si capisce che rischio è fare unità all’umano … col pericolo che succeda ciò che dice il Vangelo: “Un cieco che porta un altro cieco, tutti e due andranno a finire nella fossa”.
L’umano è cieco. Se io faccio unità all’umano nel prossimo, finirò in una fossa con lui. Devo fare unità al divino nel prossimo. Ma come faccio a conoscere il divino nel prossimo? Se io non ho un’ispirazione? Se io non sono sotto l’influsso dello S.S. che mi fa conoscere il divino? Ma io non lo sono o perché sono troppo piccolo o perché non sono sempre nel soprannaturale. E come faccio? Allora devo scegliere: o rischiare per amore del prossimo o rischiare per amore di me. E la storia dell’umanità è tutta così, così la storia dell’Opera. E tutti voi avete fatto la stessa esperienza e la farete ancora. Quello che vi salva è l’amore a Gesù Abbandonato; cioè sempre questo rischio: amarlo, e poi, continuando a rischiare, andare avanti.
Non dire: adesso mi butto, e basta… Mi butto e continuo a dubitare, cioè è un rischio, è Gesù Abbandonato, vivo, vissuto, non è una volta per sempre. Perché ogni attimo noi dobbiamo amare, ogni attimo noi dobbiamo rischiare. Ecco, allora, Gesù (lui che era Dio) distinguere ciò che era divino da ciò che era umano. Noi invece abbiamo un miscuglio, c’è poca chiarezza in noi, proprio perché c’è poca unità dentro ognuno di noi, allora c’è anche poca distinzione.
Dobbiamo farci uno con Dio e con Gesù e non con l’uomo vecchio
Noi ci troviamo sempre a dover amare globalmente una persona, senza capire bene se quella persona, se quella parola è da Dio o è dall’uomo. Perché se è da Dio devo obbedirla pienamente, ciecamente; se è dall’uomo non devo affatto obbedirla. Però non lo so… allora come faccio? Devo amare, sperando che in questo amore ci sia la luce di fare quello che Dio vuole. Ma devo continuare ad amare ogni attimo perché può darsi che all’inizio non capisco, ma dopo capisco e quando capisco cambio… Però al di fuori di questo rischio io non trovo la possibilità … nessuna possibilità di vivere il cristianesimo. Perché il cristianesimo è rapporto con Dio e rapporto con il prossimo. Ed il prossimo di fatto è Dio in quel prossimo. Però può essere un grammo di Dio ed una tonnellata di prossimo! Allora devo prendere dentro tutta la tonnellata? Non posso prendere dentro il grammo? Se lo trovo il grammo! Se non lo trovo devo prendere dentro tutta la tonnellata. E questo mi farà male, anche, mi schiaccerà. Ma se io continuo ad amare alla fine troverò il grammo. E questo è un bell’esercizio, ma è bene saperlo, perché l’Ideale è molto chiaro. E dobbiamo farci uno con Dio e con Gesù e non con l’uomo vecchio. Però Dio è in ogni prossimo, ma non sappiamo a che livello e dobbiamo scoprirlo con l’amore in un rischio che dà valore alla nostra vita.
Maria non faceva rischi, perché Lei era immacolata, vedeva le cose chiaramente. Però anche in lei c’era il dolore da amare. Per noi c’è anche il rischio. E’ un rischio diverso da quello di Maria e quindi, in un certo senso, io sento veramente che è più ed è meno.
Cioè, noi siamo meno di Maria, perché non siamo immacolati, però abbiamo una croce in più e quindi, se l’amiamo, siamo almeno come Lei. Nel cristianesimo ognuno è primo; se viviamo veramente il cristianesimo, ognuno può dire: “Io valgo più di tutti e, nello stesso tempo, io valgo meno di tutti. Però anche più di tutti, perché mi ha creato Uno. Non c’è nessuno come te, nessuno”. Quindi se Dio ti ha fatto così devi essere così. Ma tu sei così se sei Amore.
Abbiamo qualcosa di più che Maria non ha: noi siamo peccatori
Non si dice: “Io sono Napoleone!”; se io sono all’ultimo posto, Dio mi mette al primo. E quindi anche nei confronti di Maria, tante volte ci ho pensato, ma è una creatura così grande che non c’è rapporto! Invece no! Perché noi abbiamo qualcosa di più che lei non ha: noi siamo peccatori. Questa cosa, se è amata, ci rende almeno come Lei, perché questo amore ha una croce che noi non abbiamo voluto, tra l’altro. Il peccato non ce lo siamo mica procurato noi!
Fa un po’ come ha fatto San Giuseppe, lui c’è riuscito ad essere anche più di Lei, e più di Gesù in un certo senso. Non come natura, però come umanità realizzata, certamente è stato un miracolo, Giuseppe! Mentre Gesù non è un miracolo. Maria non è un miracolo … è un miracolo d’amore. Ma visto dal punto in cui è partito Giuseppe, certamente ha fatto più strada lui … nell’amore c’è la verità. E l’amore nasce da un rischio.
Allora cosa ci ricorda Gesù oggi? Se noi non usciamo da questa nostra mentalità umana, moriremo!
(E ancora) che avrei molte cose da dire, ma io preferisco dire quello che un Altro dentro di me dice. Questo vale sempre. Quante cose avete da dire ognuno di voi! Quello che conta è essere veri. Viene la tentazione di essere sinceri e non veri, cioè di dire quello che uno pensa, perché vuol essere lui; invece è meglio dire quello che Dio pensa, non quello che io penso. Se io vi dico quello che io penso, sono sincero, però … sono io! Se invece dico quello che Dio pensa, anche se mi costa, però sono vero. Gesù è la Verità.
Allora spostate sempre tutto e poi per essere uno col Padre, bisogna sempre fare ciò che gli piace e fare quello che gli piace vuol dire conoscere Dio. Cosa piace a Dio? Quello che Gesù ha detto: I VANGELI. Quello che la Chiesa dice. Quello che la coscienza dice. Però tutto questo è col rischio di averlo capito male, adattato a noi e non alla dimensione di Dio; questo rischio però bisogna amarlo e su questo rischio costruire. E ciò che vale, quando uno arriva, è proprio se ha rischiato. Perché ciò che caratterizza ognuno di noi, nella sua realizzazione, non è ciò che è comune agli altri, ma ciò che è distinto dagli altri. E’ che lui ha avuto certe croci che gli altri non hanno avuto; lui le ha amate con un rischio ed è venuto fuori un qualcosa che gli altri non hanno.
Amare per primo vuol dire rischiare
Quindi ciò che caratterizza ogni santo è la sua originalità, dovuta a come lui ha amato per primo. Amare per primo cosa vuol dire? Vuol dire rischiare, vuol dire cercare una via che per altri fa paura. Ed invece uno si butta proprio lì. Qui c’è tutto il mistero della vita e della maturità. Quando uno incomincia a capire un pochino come vivere è già vecchio. E non riesce a lasciare l’eredità a nessuno, perché ognuno deve fare la sua esperienza con questo rischio personale. “Rischio” non vuol dire buttarsi in qualche maniera … E’ una cosa molto drammatica, molto ponderata e continua.
Uno nello sport a due cerca sempre di studiare l’altro, di conoscerlo, non c’è mai una mossa dove non si tenga conto dell’avversario. Anche noi, rischiando, non abbiamo a che fare solo con Dio, ma col prossimo e quindi dobbiamo veramente misurarci sul prossimo, confrontarci con lui, stando attenti a cosa dire, a cosa non dire, come dire, come non dire…
Essere o non essere: ecco il problema! Devo essere, devo non essere, devo parlare o devo tacere? Sapendo che comunque va sempre male. Dopo va bene, ma nel senso che ogni perdita è un guadagno! E quando andrà bene, sarete così meravigliati, che direte: come mai?
Questo è veramente vivere nel soprannaturale, è proprio l’opposto dell’umano. Nell’umano uno fa le cose, perché vadano bene e va giù quando vanno male. Nel soprannaturale, uno fa le cose convinto che andranno male e va su quando vanno bene. Chiara diceva che lei è come una cieca che ogni tanto vede. E la strada di Chiara non è diversa dalla nostra. Anzi Chiara diceva un giorno che la sua vita è tutta a due “L”: Lacrime e Luce; se è la mia, sarà anche la vostra, anche voi avrete le vostre lacrime e la vostra luce…