10 – Meditazione sulle letture: “Giacobbe lotta con un angelo” (Genesi 32, 23-33)

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Loppiano (Loc. Loppianuzzo)

Loppiano (Loc. Loppianuzzo)

PREMESSA

Quella che segue è una trascrizione da una meditazione di Maras sulle Letture del giorno. Si tratta quindi di una trascrizione di un parlato che espressamente non abbiamo voluto cambiare per rispetto dell’autore ben sapendo che al lettore richiederà un supplemento di attenzione. Maras in queste conversazioni, partiva dalle letture del giorno e le commentava direttamente senza nessun altro supporto se non le Letture e l’attenzione di chi ascoltava.

10 luglio 1973

E’ un episodio molto misterioso di Giacobbe, uomo di Dio, a cui Dio appare sotto forma di uomo, una notte e si mette a lottare con lui.

Giacobbe è più forte e riesce a prendere questo Dio apparso sotto forma d’uomo, e a non lasciarlo. Allora Dio gli dice: lasciami, ma Giacobbe gli risponde: no, se tu non mi benedici. Dio gli dice: non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, cioè gli cambia il nome, gli dà il nome di un popolo. E gli tocca il nervo in modo che lo segna e dopo lo benedice.

Giacobbe è rimasto segnato tutta la vita da questo incontro con Dio.

La conquista di Dio è un combattimento

Questo episodio fa tanto meditare: la conquista di Dio da parte dell’uomo è un combattimento, l’uomo deve conquistare Dio.

E in questa lotta difficile, l’uomo, se vince, riceve la benedizione ma anche il segno che Dio è Dio, che è più forte e più grande: e per tutta la vita l’uomo rimane segnato da questo incontro.

Questa cosa non è successa solo a Giacobbe, ma è successa, succede a tutti noi.

Dio che appare forma di uomo

Ogni incontro con Dio che appare sotto forma di uomo, cioè ogni incontro col fratello con quel fratello che ci rappresenta Gesu’ con un focolarino, un superiore, con Gesu’ sotto forma d’uomo, è una lotta.

Loppiano - Loc. Torrione

Loppiano – Loc. Torrione

Una lotta dura, che avviene di notte, e che finisce sempre, quando riusciamo, con una vittoria ma anche con una croce, una crocifissione parziale, perché’ c’è qualcosa di noi che resta marcato. Noi diventiamo zoppi. Abbiamo combattuto e vinto, ma abbiamo combattuto col Signore che in quel prossimo ci ha dato la benedizione, ma ci ha anche dato il segno che Dio è Dio e quel prossimo è Dio.

Io ho scoperto pochi anni fa questo episodio e l’ho conosciuto perché in parte avevo vissuto l’Ideale e quindi avevo fatto unita’. E fare unita’ vuol dire questo: conquistare l’altro, però essere vinto da lui; vincerlo ed essere vinto: ricevere dall’altro la benedizione: cioè, l’altro ti sente unito, ti cambia il nome, ti conosce nuovo, ti dà una missione “adesso mi fido di te, adesso ti ho conosciuto”. Però, l’altro ti segna anche con qualcosa che ha il sapore del negativo, della morte, del limite, per cui dopo un’unità’ fatta, abbiamo preso dall’altro tutto il divino e anche parte dell’umano: siamo rimasti “colpiti” dall’altro.

Questa è già la legge dell’Antico Testamento, non solo del Nuovo, è la legge di Dio: Dio si fa uomo e l’incontro con lui è sempre tale che fa morire: infatti Giacobbe chiama quel luogo “qui ho visto Dio e non sono morto”: la cosa più straordinaria che potesse succedere: vedere Dio senza morire.

Giacobbe non è morto ma è rimasto segnato. E questa legge è quel che si scopre sempre nell’unità.

Dio vuole che lo vinciamo

Tante cose dolorose che capitano nel rapporto fra noi (col perno, o col cf) o nella vita, non sono avvenimenti dovuti al caso o all’uomo vecchio, sono anche dovuti alla volontà di Dio. E’ proprio questo innesto degli uni negli altri per esser membra gli uni degli altri, è questo innesto doloroso che avviene per fare unita’, per perdersi nell’altro e per prendere dall’altro tutto il divino che appare umano, è questa lotta che è voluta da Dio. Dio vuole che vinciamo, che lo vinciamo: però Dio, siccome è Dio, non può lasciarsi vincere, quindi, nel momento in cui vinciamo, sentiamo che entra qualcosa di profondo in noi che ci fa male.

Questo è la legge della vita, del rapporto che esige questa lotta. In seguito, si hanno tutte le benedizioni.

Nei primi tempi dell’Ideale, ad ognuno veniva affidata una città intera: ma questo avveniva dopo l’unità fatta; tuttavia, però questa ‘unità’ fatta era difficile da farsi, come è sempre difficile; bisogna conquistarsi questa persona che m’aveva portato l’Ideale, che sentivo più grande di me: tuttavia, dovevo conquistarla.

Questo vale sempre e per tutti. Bisogna lottare per farsi sentir vivi, presenti: questa è una lotta dura, che finisce male, e si perde la tranquillità umana e la salute perché’ in questa tensione continua di conquistare l’altro, qualcosa cede e questo è il segno che resta in noi per l’unità fatta.

Si capisce che l’unità è una cosa forte, un costruire con l’altro un rapporto che è difficile, che esige tutto l’impegno reciproco, perché’ si possono vedere le cose non solo dalla parte di Giacobbe ma anche da quella di Dio. E quando si riceve un incarico da parte di Dio e si deve lottare con un Giacobbe qualsiasi, le cose sono difficili perché Dio è più forte, ma l’uomo e debole.

Il dolore coincide con l’amore

Su questa strada, si incontreranno tante lotte e ferite, fino a quella famosa di cui parla Giovanni della Croce “la ferita d’amore, la piaga d’amore”, cioe’ la notte oscura. Il dolore coincide con l’amore e l’amore è questa ferita che s’imprime non solo nella carne ma nell’anima, ed è quell’impronta che il Cantico dei Cantici chiama “sigillo sulla carne e sul petto”. Questo è l’amore, quest’impronta che brucia la carne e l’anima, la piaga d’amore che è l’incontro con Dio.

Questo bruciare è Dio stesso che brucia, e l’essere tutto è dolorante ed è amore; infiammato dall’amore e quindi è amante, ama e diventa fuoco, come Dio è fuoco. Però il fuoco brucia, e tutto l’esser viene segnato da questo Dio, bruciato, trasformato da questi incontri ripetuti con Dio. Allora non è più quello di prima è un’altra persona.

E’ un gioco pericoloso. Si capiscono i profeti che dicevano di non essere adatti o che gridavano con espressioni molto forti, perché’ si son resi conto a qual gioco Dio li chiamava a giocare.

L’unità e questa: un gioco. Dio è uno, un Dio personale, ma i prossimi sono tanti. In una spiritualità’ individuale questo gioco lo fa l’anima con Dio, ma in una spiritualità comunitaria c’è continuamente questo incontro con Dio nel prossimo e sempre questa lotta e delle piaghe che sono il segno della lotta.

Perché dopo un’unità vera, uno non sa più chi è, non si riconosce più.

 

 

 

 

 

 

 

 

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About Luca Tamburelli

Sposato e padre di fue figli, vivo in Francia, a Annonay, presso Lione. Sono amico di Maras e di moltissimi suoi amici.