17 – Meditazione sulle letture: L’annuncio ”che ci amiamo a vicenda”

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Cappella del Santissimo - Santuario Maria Theotokos a Loppiano-

Cappella del Santissimo – Santuario Maria Theotokos a Loppiano

Meditazione sul Vangelo di Maras Alfredo Zirondoli

PREMESSA

Quella che segue è una trascrizione da una meditazione di Maras sulle letture del giorno. Si tratta quindi di una trascrizione di un parlato che espressamente non abbiamo voluto cambiare per rispetto dell’autore ben sapendo che al lettore richiederà un supplemento di attenzione. Maras in queste conversazioni, partiva dalle letture del giorno e le commentava direttamente senza nessun altro supporto se non il Vangelo e l’attenzione di chi ascoltava.

Carissimi questo è l’annuncio che avete udito da principio, che ci amiamo a vicenda. Allora non facciamo come Caino che era dal maligno e uccise suo fratello”. (1a lettera di S. Giov. 3,11-12).

Lo diceva sempre

Ci sono tanti punti in questa lettera, cominciamo dal primo. L’annuncio che avete udito da principio è: “Amatevi a vicenda”. Giovanni era l’apostolo dell’Amore. L’apostolo che più ha capito il messaggio di Gesù e che più ha ripetuto sempre questa parola fino in fondo. Ed anche quando era vecchio e lo portavano nelle assemblee, diceva sempre: “Amatevi fra di voi, così ha detto il Signore”. Gli dicevano: “L’hai già detto. Dicci qualcos’altro che ha detto il Signore”. “Ma questa è la cosa più importante”. Quindi l’annuncio fin dal principio, l’unico.

L’unica cosa importante perché qui è riassunta tutta la legge ed i profeti. E’ riassunto il primo, il secondo comandamento. C’è la vita della Trinità che viene su questa terra, perché se noi ci amiamo c’è un rapporto trinitario, c’è l’amore di Dio che passa dall’uno all’altro e quindi c’è la Trinità che vive. Lo S.S. che è amore e lega l’uno all’altro, cioè il Padre ed il Figlio. Se non amate – dice Giovanni – siete come Caino. Caino ha ucciso il fratello perché non l’amava. E non l’amava perché lui era cattivo. Le opere del fratello erano buone, le sue cattive e quindi lui odiava e chi odia è omicida. Cioè uno che uccide. Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché abbiamo amato, se noi non amiamo rimaniamo nella morte, e se odiamo, cioè il non amore che diventa attivo, questo qui è omicidio. Se io non amo sono morto, ma se io odio, cioè se rendo questo amore non attivo, uccido perché sono morto io e faccio morto un altro. E nessun omicida ha la vita in sé, la vita eterna.

S. Giovanni dice: dobbiamo

E poi ritorna, noi abbiamo conosciuto l’amore da questo e Lui ha dato la sua vita per noi ed anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Dobbiamo, quindi, non è un consiglio, una possibilità, S. Giovanni dice: dobbiamo. Altrimenti non abbiamo la vita in noi, la vita eterna. E non abbiamo l’amore e non abbiamo Dio, perché Dio è Amore. Ora, questo dar la vita, è un fatto concreto, perché se uno ha bisogno, bisogna aiutarlo. Se uno non ha beni, bisogna darglieli. Non bisogna amare con le parole, ma con i fatti. Se facciamo così noi siamo nella verità. E allora sentiremo la pace dentro, se sentiamo la pace con Dio, non abbiamo paura di Dio. Non abbiamo paura della condanna di Dio. Ma se facciamo così e, per caso, non sentiamo la pace lo stesso non preoccupiamoci, perché Dio è più grande di noi e conosce anche quello che noi non conosciamo. Questa è una delle frasi più consolanti che io ho trovato nell’Antico e Nuovo Testamento. Perché tante volte non c’è la pace. Tante volte dipende da noi perché non abbiamo fatto bene. Tante volte si ha l’impressione di aver fatto tutta la nostra parte ma non c’è lo stesso la pace. Non c’è la certezza di questa amicizia con Dio. E allora qui succedono tanti esaurimenti nell’Opera o anche nei consacrati in genere. Nei religiosi che hanno le prove perché non si sentono uniti, diremmo noi nell’Opera, o non si sentono in grazia, diciamo per quelli non nell’Opera. L’unità non è una parola così usata nella Chiesa, per cui si dice piuttosto che non sono in grazia di Dio. Io faccio il possibile però non ho la pace, e allora vanno a confessarsi, chiedono aiuto. Si esauriscono, non dormono, vanno giù. E purtroppo succede anche a noi. Questa frase ci tranquillizza, perché anche se non siamo tranquilli dentro, Dio conosce anche quello che noi non sappiamo. Ed è più grande di me.

La mia pace viene dal fatto che Dio mi ama, non dal fatto che io sono giusto

Quindi la mia pace viene dal fatto che Dio mi ama, non dal fatto che io sono giusto. Naturalmente io cerco di essere giusto. Cerco di fare tutto il possibile, però se non riesco a trovare la pace pur amando il fratello, se io non riesco a passare dalla morte alla vita, se non la sento questa vita, può darsi che la sentano gli altri. Ed infatti tante volte nell’unità io non sento niente, ma gli altri sono contenti. Allora dicendomi di essere stati contenti di avermi parlato, se io ho dato a loro la Luce, la pace, allora vuol dire che l’avevo io. Anche se non me ne accorgevo.

Abbiamo l’impressione di essere inutili

Ma può darsi che io a volte sono solo. Non ho nessuno che mi viene a dire che cosa io sono, che cosa io ho fatto. Allora resto da solo e, o per una prova di Dio o per qualche altra cosa, cosa che io non cerco di sapere, non c’è la pace dentro. Allora è Gesù Abbandonato. (1)  Certo, però è lo stesso. Non passa G.A. (1). Qualche volta all’inizio basta dire è G.A. e passa. Basta mettersi ad amare il prossimo e passa. Questo va bene per qualche anno, forse, ma ad un certo punto non basta più. Quando Chiara scrisse il tema su Dio Amore diceva chiaramente che amando noi passiamo dalla morte alla vita e questa è matematica perché la scrittura è matematica. La seconda volta che Chiara scrisse questo, disse, non sempre succede così. Ci sono dei momenti in cui l’anima perde la pace e non dipende da lei, perché è Dio che la mette in prova. E parla della notte oscura. E che passa quando Dio vuole e non quando l’anima ama. Perché l’anima ama sempre ma non vede il risultato. Questa aggiunta che ha fatto Chiara è proprio perché lei ha fatto l’esperienza che nei primi tempi basta uscire da sé, mettersi ad amare il prossimo e noi passiamo dalla morte alla vita e quindi la vita vuol dire sentire la pace, sentire l’amore, sentire l’unione con Dio, veder la Luce, sentirsi utili agli altri, sentirsi efficaci nel lavoro che facciamo, collaboratori di Chiara, della Chiesa, tante cose sentirsi. Ma ad un certo momento non si sente proprio niente. Noi continuiamo ad uscire da noi amando, anche perché c’è già una certa esperienza di amare il fratello, però, o il fratello non si risolve lo stesso oppure noi abbiamo l’impressione di essere inutili, servo inutile ed infedele oppure il prossimo a cui parliamo va ancora più giù perché non gli abbiamo parlato. Allora viene in mente che nel Vangelo sta scritto: se un cieco conduce un altro cieco vanno tutti e due nel fosso. E quindi sono cieco anch’io. O lui non ci vedeva, io l’ho aiutato e siamo andati nel fosso tutti e due. Quindi vuol dire che son cieco anch’io. Tante cose che capiteranno speriamo presto perché dopo si va avanti. In ogni modo in questi momenti ciò che mi ha aiutato è stato proprio ricordare questa parola qui, che anche se io non mi sento in pace, vado avanti e poi lo vedrò dopo la morte. E se si è sulla strada giusta ci troveremo in Paradiso, sennò anche laggiù, all’inferno, come aveva detto Chiara “io continuerò a portare anime a Dio perché non so fare altro”.

Santuario Maria Theotokos a Loppiano - Tomba della serva di Dio Renata Borlone

Santuario Maria Theotokos a Loppiano – Tomba della serva di Dio Renata Borlone

Amate al punto di farvi amare

Quello che conta è amare. Ma in certi momenti si ha l’impressione che amare è sbagliato, però andiamo avanti lo stesso e se non abbiamo la pace c’è questa frase di San Giovanni che ci consola: “Anche se il vostro cuore non è tranquillo Dio è più grande di voi e conosce anche quel che voi non conoscete”. Quindi conosce tutti i meccanismi psicologici che possono dare un’impressione negativa ed invece non c’è niente di negativo, oppure motivi climatici, o influenza degli altri, oppure uno ha digerito male, tante cose fisiche o ormonali. Noi non conosciamo tutte queste cose, ma Dio sì. Dio sa se quel nostro stato d’animo di turbamento, di non pace è vero o è un’impressione. A noi interessa andare avanti lo stesso con questa fede in Dio. Ciò che conta fin dall’inizio è: Amate. Amate al punto di farvi amare. Amatevi a vicenda. L’amore se non diventa reciproco non è vero perché l’amore è Dio, che è tre Persone in unità. Quindi ogni Persona della Trinità ama ed è amata e questo dà l’equilibrio. Noi siamo figli di Dio fatti a sua immagine dobbiamo amare al punto di farci amare dagli altri, non perché lo pretendiamo, ma perché l’amore è così. Un amore che va soltanto e non ritorna mai, non è vero. Deve andare a ritornare. Forse ritorna da un’altra parte. Ricordo di un mio collega all’ospedale che siccome era un cattolico andava a Messa tutte le domeniche, era quello a cui io cercavo di trasmettere l’Ideale. E più mi concentravo su di lui con tutto l’amore di cui ero capace, amore fatto di fatti concreti: lavoravo per lui, gli lasciavo libere le ore più importanti della giornata, gli portavo un caffè … E lui non rispondeva mai. Ed io dicevo, ma guarda un po’ non cambia mai. Si vede che l’amo poco, così mi concentravo di più e facevo tanti atti d’amore che poi sono serviti a me. Io comunque lo facevo per lui e lui non è ancora cambiato. Però un altro, vedendo come io lo amavo, ha conosciuto l’Ideale. E dopo di lui altri. Quindi l’amore è ritornato, non da lui, ma dall’altro, dagli altri, quindi è stato reciproco. E’ sempre reciproco l’Amare, siccome siamo nel tempo, non lo vediamo subito, lo vediamo dopo un po’, qualche volta, però lo vediamo.  Per cui questa parte della Lettera di San Giovanni ci ricorda che quello che conta è amare. Amare sempre perché se amiamo abbiamo la pace. E se non abbiamo la pace, lo stesso Dio ci ama e ci perdona, è più grande di noi e ci porta nella sua amicizia, nella sua intimità e quindi, dopo, in Paradiso.

Uno che non ama è morto

Se invece non amiamo siamo morti. Se poi ci muoviamo essendo morti, odiamo, cioè facciamo del male agli altri. Perché veramente uno che non ama è morto. Così qualcuno quando dice qualcosa, ma non ama, odia. Se tace è morto, non importa, non cambia la società. Non ha nessun peso, ma almeno non fa del male.  E’ morto lui. Ma se è morto e pretende di essere vivo e pretende di parlare, di dire la verità e pretende di insegnare agli altri e pretende di aver ragione lui, questo è tutto male che fa agli altri. Perché lui odia, se non ama e si muove, odia. Proprio perché San Giovanni aveva capito che la vita era una. La vita è una. L’anima è una. Io non ho un’anima vegetativa, animale, umana, soprannaturale, io ho un’anima, la mia vita, la mia anima è una. Quindi San Giovanni aveva capito che la vita è una, è quella eterna e non c’è in chi non ama, in chi odia non c’è. Forse ci sarà la vita vegetativa, dicono gli altri: basta la vita umana, non c’è bisogno di essere figli di Dio, di essere uomini, uomini completi, realizzati …  No, non basta perché quello lì non è neanche uomo se non è figlio di Dio. Perché io non posso essere uomo se non sono tutto, tutto vivo e per me essere tutto vivo vuol dire anche essere figlio di Dio. Il fine dell’uomo è in Paradiso o in inferno. Non c’è un mondo dove va a finire l’uomo e un mondo dove va a finire il figlio di Dio dopo la morte, mentre l’animale muore e la fine dell’animale è la morte. La fine dell’uomo non è la morte. O è la vita o è la morte eterna, cioè la vita all’inferno per usare una parola un po’ brutta. Però è una realtà. E’ bene anche parlarne di queste cose. Per un cristiano, per un uomo, da quando Cristo è venuto o ha la vita della Grazia o non ce l’ha. Ma non ha niente, non è che ho la vita della Grazia o la vita umana, vegetale.  Sembra. Ma quello è morto. Adesso, noi abbiamo anche la distinzione dentro di noi. Non è che noi facciamo una gran confusione, ma è più vera l’unità. Noi distinguiamo in noi atteggiamenti vegetativi, animali dagli atteggiamenti umani e soprannaturali, ma sono atteggiamenti, la realtà è che io sono uno in me. Quindi se vivo solamente come uomo o come animale non vivo da uomo, da figlio di Dio.

Amare bene, cosa vuol dire? Amare Dio e le creature di Dio. E me figlio di Dio. Se io non arrivo a Dio e amo solo le creature o amo solo me, non amo. Si dice, ma amo umanamente. Va bene, ma non amo. Sì, umanamente, ma non sono io. Perché il mio vero io è Cristo. Non è l’egoismo, l’uomo vecchio. Non sono io. Io sono, non io, ma Cristo che vive in me.

1) Gesù Abbandonato, secondo la spiritualità di comunione spiegata da Chiara Lubich, è Gesù che grida in croce l’esperienza di sentirsi abbandonato dal Padre per essersi addossato tutti i peccati e i dolori dell’umanità, secondo Mc.15,36 “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”

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About Luca Tamburelli

Sposato e padre di fue figli, vivo in Francia, a Annonay, presso Lione. Sono amico di Maras e di moltissimi suoi amici.